BRESCIA SPEDALI CIVILI: “IO DEVO BRILLARE”, INSTALLAZIONE D’ARTE CONTEMPORANEA IN OCCASIONE DELL’APERTURA NUOVA SEDE DELLA BREAST UNIT

| 26 gennaio 2017
12

CONFERENZA STAMPA LOCALE SABATO 28 GENNAIO 2017 ORE 11. SCALA 11 POLICLINICO SATELLITE 1° PIANO

Spedali Civili di Brescia, in occasione dell’inaugurazione della nuova Breast Unit, ospita la personale “Io devo brillare” (I.D.B.) dell’artista Barbara Vistarini, a cura di Vera Agosti e Rolando Bellini, nella primavera del 2017, con il patrocinio di ESA- Educazione alla Salute Attiva. Il titolo dell’esposizione contiene un imperativo categorico per ricordare al paziente l’importanza di coltivare la propria interiorità, acquisire consapevolezza della propria persona e del proprio stato, avere coraggio per affrontare nel modo migliore la malattia. E’ l’elogio della determinazione. Come spiega l’autrice, Io devo brillare rappresenta “un diverso modo di celebrare la forza, un invito a valorizzare la propria condizione, di qualunque natura essa sia, una sollecitazione a trovare persino nel dolore un motivo di energia per affermarsi, assumendo su di sé, fino in fondo, e come una sfida, il peso della necessità. E’ quanto basta per divenire preziosi. Di certo di fronte a se stessi, forse anche per gli altri.” Senza entrare direttamente nel campo vasto e articolato dell’arteterapia, Barbara Vistarini riconosce l’importanza dell’intervento artistico nei luoghi di cura per i malati, ma anche per tutti coloro che gravitano attorno alla struttura ospedaliera stessa, ricordando tanti maestri che si sono già cimentati nel presentare le proprie opere negli ospedali, dall’America all’Italia, da Los Angeles a Milano, dalla pop star Jeff Koons allo Street artist Bros. L’applicazione delle arti visive al campo medico si inserisce all’interno della sua ricerca sulle connessioni in ambito artistico tra discipline e contesti professionali diversi tra loro, sinergie fra mondi in apparenza distanti. L’interpretazione dell’artista è delicata e squisitamente femminile, poiché la patologia del cancro al seno coinvolge direttamente la donna nei suoi aspetti più intimi. Le sue installazioni interattive fanno vivere un luogo non luogo come l’ospedale, sito di passaggio per tanti, facendolo risplendere di luce e aprendo metaforiche finestre su altri mondi. Un cammino di bellezza, serenità e pace interiore. La natura si fa specchio dell’interiorità e degli stati d’animo in un possibile gioco di riflessi e corrispondenze. Gli elementi eletti dell’installazione che ha per titolo A.T.A. sono l’acqua, la terra e l’aria. Il paziente o qualunque altro fruitore entra in un primo spazio, nell’ingresso del reparto, sul quale sono proiettate immagini verticali di un ruscello che scorre al rallentatore. La visione dell’acqua dorata dal sole che fluttua lentamente ha l’intento di donare pace e tranquillità, di invitare il paziente a lasciarsi andare ai nuovi ritmi dell’anima, di rallentare il passo per acquisire coscienza del nuovo stato.La videoproiezione non è che il pretesto per entrare in un luogo, scenario di una sorta di rito iniziatico attraverso l’acqua, per scoprire un nuovo tempo. Il pubblico trova quindi un’istallazione di forma ellittica con la raffigurazione del cielo, una sky sculpture metallizzata che dà la metaforica possibilità di modellare e trasmettere ciò che è astratto e impalpabile, come generalmente il malato immagina la malattia. Verso questo ideale spazio, meta finale dell’installazione e lungo tutto il corridoio dei nuovi spazi Breast, si snoda un libro scultura “legenda”, che il pubblico può aprire per ammirare il suo movimento ritmico tra le immagini di fili d’erba di un prato. Barbara Vistarini è sempre stata legata sia al tema della natura, sia a quello della lettura, più volte affrontati anche con altri mezzi. L’installazione sarà alla base di un progetto formativo per gli studenti dell’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia, previsto in contemporanea alla presentazione dei lavori per il montaggio di I.D.B. nei nuovi reparti della Breast Unit.

Testo critico
Incantevole sentimento del guarire. IDB (Io devo brillare) di Barbara Vistarini. Una sfida estetica per l’Ospedale Civile di Brescia.
Barbara Vistarini viene chiamata a un intervento site specific nell’Ospedale Civile di Brescia. Quella stessa tipologia ospedaliera su cui Gaston Bachelard, se non ricordo male, aveva speso qualche parola. Non occorre rimuovere le scorie di un annoso dibattito, né sollevare il solito polverone di interpretazioni contrastanti per arrivare a dire certe incompatibilità, di certe pericolosità e persino conflittualità tra arte e vita. Piuttosto che approfondire tali questioni o affidarci al modello epistemologico suggerito e discusso da Karl R. Popper, che per sua stessa ammissione (traggo queste indicazioni, infatti, dall’autobiografia popperiana, pubblicata nel 1974 a cura di Arthur Schilpp), cerca di dimostrare come la conoscenza – noi aggiungeremo, al pari dell’azione artistica – progredisce per tentativi ed eliminazione degli errori ricercati consapevolmente, noialtri azzarderemo un’altra possibilità. Seguendo Popper finiremmo difatti per subordinare tutto l’agire dell’arte ai capricci della mente dominata da un solo orientamento, quello razionalistico. Invece il fare artistico – come sa bene chi abbia frequentato l’ambiente – si rispecchia in un ben singolare e contraddittorio laboratorio creativo in cui l’artefice, in concreto opera per paradossi. L’artista mescola infatti improvvisazioni e progettualità ben programmate, intuizioni inaspettate e capovolgimenti di fronte non preventivati a un piano viceversa ben ponderato e fino a quel momento puntualmente perseguito, l’esaurirsi in corso d’opera dello slancio creativo oppure l’esito spesso rivoluzionario dello scontro imprevisto, e le conseguenti provocazioni, con i materiali o altre accidentalità contingenti che presentano difficoltà impreviste o irrisolvibili e dunque inducono il creativo a mutare anche radicalmente i propri piani e i suoi stessi disegni. I controlli pratici, inoltre, finiscono per recitare una parte preponderante nel fare artistico, non dimentichiamolo. L’analisi del fare artistico, in ogni caso, non può certo sottrarsi al proprio contesto storico, né può limitarsi alla singola opera come, nel caso, all’installazione – peraltro dislocata in più stazioni o entità correlate – che Barbara Vistarini ha immaginato e ha realizzato specificatamente per l’Ospedale bresciano. Al contrario, essa chiede che una visione più ampia e articolata si accompagni all’esame analitico dell’opera su cui si va concentrando il focus della valutazione testuale in atto e cioè a dire attivata con questa nostra disamina; una valutazione d’assieme che si dovrà sommare a quella particolare o relativa, in questo caso, all’intervento site specific per la struttura ospedaliera bresciana. Affinché questo stesso venga interpretato e soppesato considerando pure l’ineludibile legame che sembra manifestare col suo pregresso lavoro artistico e, tanto quanto altri casi analoghi o similari, con il coevo fare di altri autori. Vale a dire, con quanto, da un lato, la stessa Vistarini ha realizzato nel tempo. Dall’altro lato, ciò che viene proposto in questo stesso giro di anni da altri  operatori visivi che si siano cimentati con imprese consimili. In tal modo si può approfondire l’analisi dell’intenzione artistica dell’autrice, intendo dire Barbara Vistarini. Si può precisare meglio quella che taluno direbbe la sua stessa “poetica – quale si manifesta, naturalmente, in quest’opera – accostabile in particolare, a voler indicare un precedente più esplicitamente congruente con il tema di queste nostre riflessioni, al recentissimo “Disfashion” – riconoscendovi sin da subito, vale la pena di aggiungere, un dato autobiografico celato e tuttavia insistente e, perlomeno in questo caso risolutivo. Ella va manifestando pure, in questa sua installazione bresciana, tutta una serie di vincoli o relazioni dialettiche con lo spazio della struttura ospitante e che l’opera di Vistarini viene ad abitare, per così dire, artisticamente. Del resto, si tratta pur sempre di un intervento che è stato concepito per questo peculiare scenario e perciò ne è, almeno in parte, condizionato. Vistarini ha infatti compiuto reiterati sopralluoghi, si è confrontata con il personale ospedaliero, medico e paramedico. Si è confrontata con interlocutori privilegiati che hanno voluto l’intervento ed ha acquisito più e più elementi indiziari. Ha persino attinto quanto più possibile ad altre fonti indirette. Ha finito così per familiarizzare con il luogo, lo ha assimilato e metabolizzato, in qualche modo, ricavandone ogni possibile elemento utile alla definizione della sua stessa opera. Elementi tutti che, come si diceva, vanno a sommarsi al dato autobiografico dal momento che Barbara Vistarini intenta un particolare riversamento di sé nel luogo, affatto particolare – di questa realtà ospedaliera, assumendone le potenzialità spaziali, le datità ambientali, attraverso una chiave; il suo stesso fare artistico è ancorato in più modi al filosofare di Heidegger e dunque a certa eredità postmoderna. Si potrebbe confermare una serie di rilievi confermati senza ombra di dubbio quanto vado congetturando e inoltre,il suo stesso “raccontarsi” suona come una palmare conferma dal momento che Barbara Vistarini va definendosi “artista multimediale”, saldamente “ancorata al concetto baumiano di distruzione creativa”. Una “distruzione creativa” attiva già, a pieno regime, in “Disfashion”, un’operazione essa pure site specific dal forte timbro autobiografico e dal retro-gusto post-modernista che può dirsi l’antefatto dell’attuale intervento nell’Ospedale di Brescia. Limite e pregio di una ricerca artistica, il dato autobiografico – messo in evidenza o sottaciuto che sia – ora sembra proprio aver assunto, in quest’operatrice visuale, una centralità irrevocabile. “IDB”, acronimo di “Io devo brillare”, il titolo che Vistarini ha dato alla propria presenza impastandolo di istanze personali e non solo, a questa sua installazione site specific per  l’Ospedale Civile di Brescia che è anche – si è visto – una proiezione di sé all’interno della struttura ospedaliera, lascia intendere molto altro ancora. Essa propone pure a mio avviso anche questo: e cioè a dire la messa in discussione delle eredità post-moderne, le stesse criticità inerenti il lascito di Heidegger. Nel mentre va ribadendo e dunque sta rivendicando in questa stessa installazione un residuo post-modernista, senza fare a meno, tuttavia, d’altre più attuali inferenze, di altri apporti quali il già richiamato Bauman. Qual è, allora, l’intento a cui aspira Vistarini con questa sua installazione site specific, quest’opera pensata per la struttura ospedaliera bresciana? Suppongo di poter sostenere che ella aspira a dare un sollievo e un qualcosa che si accosti alla kantiana escatologia della speranza a coloro i quali entrano portandosi addosso il sudario del dolore. Per il riscatto del quale e’ cruciale assumere un altro vedere. “Saper vedere” con questo titolo leonardesco, uno storico dell’arte, Matteo Marangoni, pubblicava nei primi anni Trenta del secolo scorso uno dei saggi di educazione all’arte più tradotti tra i  molti che possono dirsi autentici best sellers globali. Imparare a vedere, per dirla con un Goethe leonardesco, anche e particolarmente attraverso gli occhi della bellezza ideale stigmatizzata da Immanuel Kant. Questo è il viatico al superamento di molti impedimenti esistenziali, degli affanni del vivere quotidiano, persino di non pochi dolori della carne, questo può essere anche il viatico per aspirare ad una steineriana nuova vita. Questo in ultimo, è il nodo Borromeo da risolvere: se l’arte, nel caso l’installazione “IDB” di Barbara Vistarini, può offrire a chi anela alla possibilità di assorbire nuove energie vitali per intentare un reinizio, essa ha dato concretezza, in qualche modo, a un dono prezioso. Il suggerimento a rischiare un passo più lungo della gamba, un’immaginazione mai immaginata prima. Ecco allora che è possibile intercettare un dato intrigante che investe di nuove istanze valoriali il fare artistico, l’arte stessa. Implementando così il riscatto dell’autobiografia di un dolore di cui scrive, insuperabilmente, Primo Levi. E’ qui che, forse, si risolve, almeno in parte, l’incontro spaesante, frantumante, con l’arte. E’ in questo frangente che si può forse affermare un improvviso vedere che è in grado di corrispondere, anche per un attimo, ad un altro possibile vivere. Una sfida che mette in gioco energie particolari, cercando di trasmettere e rendere visibile il nietzscheiano “incantevole sentimento del guarire”.

Rolando Bellini, docente di storia dell’arte all’ Accademia di Belle Arti di Brera. Milano.
Direttore di due edizioni della Biennale di Arti Visive di Firenze.
Il testo sarà presente in catalogo

Progetto accademico
Barbara Vistarini ha ideato un progetto formativo per gli studenti dell’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia che verterà sull’installazione “Io devo brillare. I.D.B.”, esposta nei reparti della nuova Breast Unit dell’Ospedale Civile di Brescia. Si terrà in contemporanea all’evento d’arte, durante l’Anno accademico 2016/2017, permettendo agli allievi di confrontarsi con il lavoro in progress di un’artista contemporanea e di un’opera pubblica. La proposta comprende un laboratorio artistico da intendersi come “ponte bidirezionale” tra pensiero e azione che introduce alla valenza del workshop d’artista come “mediatore didattico” per il trattamento dei dati concettuali ed esperienziali del fare artistico oltre che dell’integrazione di esperienze/competenze sociali e professionali. Considerando il Patrocinio di ESA- Educazione alla Salute Attiva, il progetto di workshop è concepito come didattica attiva, ricordando la brillante esperienza nelle scuole di Bruno Munari. Lungo tutta la durata dei lavori per l’installazione di I.D.B. nei reparti della Breast Unit è contemplata la possibilità di trasferire parte dell’opera nelle sedi dell’Accademia di Belle Arti Santa Giulia, operazione che permetterà ai discenti di fruire della relazione sinergica che verrà a crearsi tra i luoghi di formazione e gli spazi cittadini.

5

Tags: , , , , , , , , , ,

Commenti

×