Brescia – BRESCIA 1916-2016: cento anni di avanguardie

| 21 dicembre 2016
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DADA – La nascita dell’antiarte / Romolo Romani ; Due mostre e l’arte del Novecento protagonista

Il complesso dei Musei di Santa Giulia è ambiente che già di per sé merita una approfondita visita per le sue collezioni permanenti tra storia, archeologia, arte pittorica. Questo vale ancora di più quando sono allestiti eventi espositivi di particolare interesse ed importanza, come quelle attualmente in corso. Partiamo dalla principale, “DADA 1916. La nascita dell’antiarte”: curata da Luigi Di Corato, Elena Di Raddo, Francesco Tedeschi, ha l’obiettivo di documentare, attraverso 270 opere e oggetti originali, la potenza creativa del movimento artistico più innovativo del Novecento che ha sconvolto l’arte di tutto il mondo a cento anni dalla sua nascita scardinando i limiti degli stili, delle tecniche, delle relazioni fra le parole, l’immagine, il suono. Il percorso si svolge in quattro sezioni tematiche. “Dada prima di Dada”. Nonostante il “Dada” ritenga di non avere una paternità, la vicenda di Monte Verità, collina sovrastante il borgo di Ascona nello svizzero Canton Ticino, con magnifica vista sul Lago Maggiore, può essere considerata antesignana. Qui intellettuali ed artisti, consci del disagio creato dalla frattura fra mondo reale e mondo naturale creatasi a causa delle trasformazioni sociali ed economiche (meccanizzazione), decisero di realizzare il loro “contromondo” trovando in questo ambiente, agli albori del Novecento, il luogo adatto dove poter fondare e divulgare la loro comunità ideale con il ritorno ai valori originali della natura. Attraverso contatti personali alcuni protagonisti “Dada” ebbero rapporti con la colonia di Monte Verità, in particolare Jean Arp che rese le sue opere sempre più “essenziali” ed animate. La seconda sezione: “Dada, Zurigo e il ‘Cabaret Voltaire’”. Il “Dadaismo” o “Dada”, fu movimento culturale nata a Zurigo, nella Svizzera neutrale della prima guerra mondiale, sviluppatasi dal 1916 che ha interessato le arti visive, la letteratura (poesia, manifesti artistici), il teatro e la grafica. Gli artisti dada erano volutamente irrispettosi, stravaganti, provavano disgusto nei confronti delle usanze del passato; ricercavano la libertà di creatività per la quale utilizzavano tutti i materiali e le forme disponibili. Le loro attività includevano manifestazioni pubbliche, dimostrazioni, pubblicazioni di periodici d’arte. Le tematiche trattate spaziavano dall’arte alla politica. Secondo i dadaisti stessi, il dadaismo non era arte, era anti-arte. Tentava, infatti, di combattere l’arte con l’arte. L’origine della parola “Dada” non è chiara; esistono varie interpretazioni e vari fatti collegati con la scelta del nome. Tristan Tzara (ideatore del “Manifesto Dada”, 1918) definì il termine come un nonsense; in italiano e francese costituisce una delle prime parole che i bambini pronunciano, e con la quale essi indicano tutto: dal giocattolo alle persone. Hans Richter ne sostiene la derivazione dall’uso frequente della parola da (sì in russo ed in rumeno). Dominique Noguez, docente di Estetica della letteratura e del cinema alla Sorbona ipotizzò che l’origine del termine fosse in rapporto con Lenin (incluso insieme a Tzara e James Joyce in Travesties di Tom Stoppard) in quanto probabile frequentatore del “Cabaret Voltaire”, fondato dal regista teatrale Hugo Ball ed inaugurato il 5 Febbraio 1916 (data, questa, con cui viene identificato l’inizio proprio del movimento “Dada”). Le serate in questo particolare ambiente, sono frequentate da gente esula a Zurigo a causa degli eventi bellici: tedeschi, come il pittore e scultore Hans Arp, altri rumeni, come il poeta e scrittore Tristan Tzara o l’architetto Marcel Janco. Hausmann, Grosz, Heratfield, formano il club dada berlinese, di protesta politica contro la società borghese e nazionalità di quegli anni, e realizzano manifesti e volantini con la tecnica del fotomontaggio cercando nuove forme per esprimere nuovi contenuti. “Il dadaista è la persona totalmente attiva che vive solo d’azione”, si esclamava, e così Arp: “Cercavamo un’arte elementare che curasse gli uomini dalla follia dell’epoca, un ordine nuovo che ribaltasse l’equilibrio tra il cielo e l’inferno.” Queste argomentazioni sono alla base della seconda sezione dell’esposizione bresciana: “Dada, Zurigo e il ‘Cabaret Voltaire’”. Il “Dadaismo” o “Dada”, fu movimento culturale nato a Zurigo, nella Svizzera neutrale della prima guerra mondiale, sviluppatosi dal 1916 che ha interessato le arti visive, la letteratura (poesia, manifesti artistici), il teatro e la grafica. Il principio cardine dell’azione Dada è la negazione di tutti i valori e canoni estetici dell’arte. Tra gli obbiettivi della sua contestazione non vi è solo l’arte tradizionale, ma anche quella d’avanguardia, espressa negli anni precedenti dalle idee e dalle intuizioni portate da Cubismo, Espressionismo e Futurismo. Il Dadaismo possiede diversi punti comuni con un altro Movimento d’avanguardia nato qualche anno prima, appunto il Futurismo, ad esempio l’intento dissacratorio e la ricerca di meccanismi nuovi del fare arte, dal quale, però, in seguito si distaccò. “C’è un gran lavoro distruttivo da compiere”, diceva il poeta e scrittore rumeno Tristan Tzara in uno dei suoi “Manifesti”. La volontà distruttiva, comunque, non ha però ucciso la possibilità di fare arte. Dalle proposte di autori come Marcel Duchamp, Man Ray, Hans Arp, Hans Richter, Kurt Schwitters e Max Ernst derivano infatti le nuove intuizioni e le nuove forme, gli assemblaggi, il cinema astratto. Questi autori inventano alcune delle più originali forme espressive, dalle composizioni astratte nelle xilografie di Arp e nelle sue sculture a rilievo in legno, alle astrazioni cromatiche di Richter. Sezione tre: “Dada in Italia”. La storia del Dadaismo da noi è legata alla figura di Tristan Tzara, che si prefigge di portare oltre il confine delle Alpi lo spirito del Movimento, anche perché egli nutre uno specifico interesse per l’Italia, patria del Futurismo, quindi aperta alle avanguardie. La sua strategia è quella di intrecciare rapporti personali diffondendo le idee con la pubblicazione di scritti ed opere dadaiste sul maggior numero di testate. Fondamentale è “Procellaria” a Mantova, rivista guidata da Aldo Fiozzi e Gino Cantarelli, esponenti del gruppo futurista mantovano che abbracceranno il Dadaismo e fonderanno la rivista “Bleu” nel Luglio 1920. E’ centrale, in questo avvicinamento di Tzara al mondo culturale italiano, il ruolo svolto dalla rivista romana “Noi”, fondata da Binio Sanminiatelli e Prampolini, il cui quarto fascicolo è caratterizzato dall’entrata nella Redazione di Julius Evola che qui pubblica il Manifesto “L’arte come libertà e come egoismo”. Sezione quattro: “Oltre Dada”. Dopo avere avuto adepti in tutto il mondo, fino ai paesi slavi e al Giappone, Dada prosegue come modello operativo nel secondo dopoguerra. Sarà il Surrealismo a raccoglierne l’eredità rimodellandola sui valori dell’inconscio; così come il Costruttivismo russo e centroeuropeo che ebbe connessioni con Dada nella comune ricerca di ridurre immagini, idee e forme a “materie elementari”, per una nuova definizione di materiali essenziali. Un aiuto prezioso alla mostra è arrivato dai principali musei del Canton Ticino che hanno concesso prestiti fondamentali, e, in Italia, dalla Galleria d’Arte Moderna di Torino, dalle Gallerie d’Italia, dalla Fondazione Giò Marconi di Milano. Complimenti a Brescia, quindi, per l’unica iniziativa italiana dedicata appunto al Centenario del Dadaismo, corredata anche un importante e ben concepito catalogo pubblicato da Silvana Editoriale. In una sala attigua, in contemporanea troviamo l’esposizione “ROMOLO ROMANI 1884-1916 Sensazioni, figure, simboli”, realizzata in occasione dei cento anni della scomparsa del grande artista milanese – ma bresciano d’adozione – che fu tra i firmatari del primo manifesto futurista e di cui i Civici Musei conservano ben 60 opere straordinarie che, dopo un minuzioso lavoro di restauro, sono riproposte al pubblico ad oltre venti anni dall’ultima esposizione, con l’avvio del percorso di ricerca scientifica per la pubblicazione del catalogo generale. Due esposizioni realizzate grazie alla collaborazione con istituti di formazione universitaria di eccellenza – come l’Università Cattolica, sede di Brescia, corso S.T.Ar.S, e l’Accademia di Belle Arti di Brescia Santa Giulia – i cui studenti hanno saputo cogliere a pieno titolo lo spirito creativo degli artisti loro coetanei di un secolo addietro. Nell’ambito della mostra “Dada” si tengono iniziative collaterali con incontri di approfondimento, proiezioni filmate e attività didattiche. Termino con il “credo” di Tzara, personaggio-chiave del Movimento, che condivido appieno: “Ogni pagina deve esplodere per la serietà profonda e pesante, o per il turbine, la vertigine, il nuovo, l’eterno, per il paradosso, per l’entusiasmo dei princìpi, o per il modo in cui viene stampata.” Incredibilmente ribelli e giocosi, questi dadaisti, incredibilmente seri. Due mostre con un unico biglietto per valorizzare le collezioni futuriste e dadaiste, oltre che le opere di Romani, di proprietà dei Musei Civici dal 1962, quando furono acquistate per dare avvio al progetto di un Museo d’arte moderna per la città.

Museo di Santa Giulia – Via Musei 55, Brescia; fino al 26 Febbraio 2017; orari: da martedì a domenica (chiuso tutti i lunedì non festivi) 9.30-17.30; Per informazioni: Fondazione Brescia Musei, Tel. 030 2400640; sito Internet: www.bresciamusei.com

Fabio Giuliani

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