Mario Arduino – Giornale del Garda https://www.giornaledelgarda.info by Dipende Tue, 19 Mar 2024 03:45:26 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.5.30 LE GOCCE DI CLARA BOMBACI VIVALDI https://www.giornaledelgarda.info/le-gocce-di-clara-bombaci-vivaldi/ Tue, 01 Oct 2002 14:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=18068

Tempo addietro il dottor Gabriele Tòvena, con peculiare cortesia, mi ha portato a casa una copia di Gocce. L’accurata pubblicazione, apparsa per i tipi delle Grafiche Tagliani di Calcinato nell’aprile 2002, raccoglie poesie ed acquarelli di Clara Bombaci Vivaldi, autrice nei confronti della quale ho più volte espresso la mia ammirazione. Aggiungo ora che la silloge novella mi conferma nell’opinione sulla straordinaria qualità poetica, ossia creatrice, della dolce signora veronese approdata alla catulliana Sirmione. In Gocce si effondono, mirabilmente congiunti, ricordi dell’amore perduto, sogni che non giunsero al mattino, desideri di luce ventura nella quale si possano “dipingere parole/ su uno spazio muto”. Mentre scorrevo le pagine e la commozione montava, m’è parso di udire l’eco di voci imperiture. Appartenevano a due donne: una contemplava in solitudine le Pleiadi notturne, l’altra considerava come una volta le si fossero dischiuse porte diasprine. Ancora una volta le parole di Clara – che viene goethianamente dall’alto, come tutti gli artisti – mi si sono impresse nel cuore. E ringrazio l’amica di avere ridestato quel “fanciullino” che alberga in chiunque abbia conservato la facoltà di inseguire “un raggio di sole/ su piume di passero”, ad onta dell’inesorata fuga degli anni che Orazio lamentava all’amico Postumo.

Di: Mario Arduino

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SPIGOLANDO https://www.giornaledelgarda.info/spigolando-3/ Mon, 01 Oct 2001 16:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=11853 Roberto Giacomelli mi donò, tempo addietro, le sue antiche cartoline di Sirmione. Egli continuamente accresce la mia raccolta di memorie benacensi – e non d’esse soltanto – mentre io cerco di ricambiare le ripetute cortesie con libri d’ispirazione religiosa o scientifica. Sfogliando l’album delle cartoline, ne ho vista una che riproduce le “grotte di Catullo”. E’ indirizzata ad una signorina di nome Emma che abitava, in quel remoto febbraio 1918, in un paese del Bresciano. Il messaggio è formale e sottoscritto da un non meglio identificato Alessandro. Ma sotto il francobollo, che manca, erano state vergate in caratteri assai minuti queste parole: “tengo il tuo fazzoletto”. Penso a quell’atto d’amore pudicamente velato nell’epoca in cui tanti giovani morivano al fronte. E mi interrogo, senza darmi convincente risposta, sulla natura dell’essere umano.

Don Giussani e la libertà
A Desenzano del Garda sono stato invitato ad un dibattito sul libro “Io, il potere, le opere, scritto da Monsignor Luigi Giussani e pubblicato nel 2000dall’editrice genovese Marietti. Nel corso del mio intervento ho rilevato la particolare attenzione dell’autore nei confronti della libertà individuale, contro la quale si appuntano le minacce di un potere non esercitato come servizio all’uomo, secondo il principio della sussidiarietà. Occorre dunque lottare – scrive il sacerdote- contro “qualsiasi lesione programmata o permessa alla libertà della persona”. Sono parole sulle quali credo debbano concordare non soltanto i cristiani, ma tutti gli uomini di buona volontà.
Il mattino di Pessoa
Fernando Pessoa (1888-1935) è considerato uno dei maggiori poeti portoghesi dello scorso secolo. E fu, a mio avviso, un acuto interprete del progressivo rarefarsi degli antichi valori dai quali proveniva qualche certezza nei quotidiani triboli esistenziali. Ne sono eloquenti testimoni i seguenti versi, tradotti da Luigi Panarese per Mondadori: “Lieve, breve, soave,/ un canto d’uccello/ sale nell’aria con cui principia/ il giorno./ Ascolto ed è svanito…/ Sembra che solo perché l’ascoltai/ s’è fermato”.
Kierkegaard e la fede
Sören Kierkegaard (1813-1855) ha scritto un aforisma nel quale, ormai anziano, mi riconosco interamente: “Una cosa è professare (profiteri) una fede, una scienza, un sapere; altra cosa è trarre profitto da essi”.

Di: Mario Arduino

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SPIGOLANDO https://www.giornaledelgarda.info/spigolando-2/ Sat, 01 Sep 2001 16:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=11819 Seneca e la vita contemplativa
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) ha scritto che, non esistendo in realtà quello stato che ci figuriamo nella mente, la vita contemplativa diviene una necessità. Infatti ciò che unicamente poteva esserle preposto, ossia l’operare nell’ambito e a favore di una meramente sognata organizzazione politica e giuridica, non si recepisce da alcuna parte (“quia quod unum praeferri poterat otio nusquam est”, De otio, VIII, 3).

Dante e il vino
Sul muro di una cascina abbandonata e prospiciente la strada gardesana occidentale, ho letto queste parole di Dante: “ Guarda il calor del sole che si fa vino, / giunto a l’omor che de la vite cola” (Pur. XXV, 77-78). In un libro del 1880 dedicato al liquore di Bacco Giuseppe Giacosa osservò che nella Divina Commedia esso appare solamente nei citati versi, in merito ai quali taluni commentatori si rifanno ad un passo di Cicerone (De Senectute, XV, 53). D’altro avviso fu uno studioso del quale non ho reperito notizie biografiche, il Barlow, che sostenne in un saggio pubblicato a Lipsia nel 1864 l’ipotesi di una visita del poeta nel Monferrato e la conseguente visione dei tralci rossastri al sole d’autunno. Di quanto precede tratta Luigi Negri in uno scritto di bibliografia dantesca per gli antichi stati sabaudi, che è contenuto nel volume “Dante e il Piemonte”, edito nel 1922 a Torino dai fratelli Bocca.

Petrarca e gli studi letterari
Giunto quasi al termine dell’esistenza terrena, Francesco Petrarca (1304-1374) scrisse da Padova a Giovanni da Certaldo: “ Son certo di questa gran verità: che come di tutti i piaceri del mondo il più puro è quello degli studi letterari, così non ve n’è uno più duraturo, più soave, più fedele, con tante semplicità di preparativi e con sì poca noia”. Con queste ed altre parole il cantore di Laura, respingendo l’affettuoso invito dell’amico a riposarsi trascurando la lettura e la scrittura d’ogni giorno, considerò che la vecchiaia non deve indurre ad interrompere gli studi. E concluse: “… mi auguro che la morte mi arrivi mentre leggo o scrivo: o, se piacerà a Cristo, mentre prego e piango”. Fu accontentato. La fine, infatti, sopraggiunse mentre era chino sul volume del diletto Virgilio. Memore di una celebre tela di Bacci Venuti, Olindo Paqualetti immaginò che una gattina, fedele compagna di tanti giorni lieti, gli fosse accanto fino all’ultimo istante (“Excubans poetae morienti feles”).

LA FIRMA
Nella grande casa le tre sorelle portano avanti giorno per giorno i loro ottant’anni. E’ questa un’età in cui sovente ci sono sorprese: un mattino il piede fa male, un pomeriggio duole la schiena, alla sera non ci si ricorda dove è stato messo lo spazzolino usato a mezzogiorno. Malgrado questo, tutto procede secondo le abitudini acquisite in una vita e non si avvertono grossi scossoni. Di impegni ormai non ce ne sono tanti e la firma occorre solo al momento della consegna delle cartelle delle tasse. I moduli li compila un nipote, ma occorre che la firma sia proprio quella delle tre sorelle. E’ un atto formale che hanno sempre fatto volentieri, perché poi confrontano la scrittura per vedere chi scrive meglio. Quest’anno però c’è un intoppo: la sorella più anziana non ricorda più come si scrivono maiuscole alcune lettere. Prova in brutta a fare e rifare la prima consonante del suo cognome ed è pronta a firmare. Purtroppo a metà firma non si ricorda come si scrive un’altra consonante. Si accorge di avere sbagliato e chiama in aiuto la seconda sorella. Questa, per un suo malanno, trema, ma soccorre, riscrivendo la lettera sbagliata. Poi la prima continua di sua mano e termina le lettere del suo nome. Guarda il risultato e non è contenta, ma occorre una seconda firma e questa volta la fa bene. Mostra così con orgoglio alle altre quanto ha fatto. Poi dice: “Provate voi ora!”. Le altre due, senza occhiali, malgrado i tremolii e i vuoti di memoria, scrivono correttamente i loro nomi. Questa volta, a differenza del passato, nessuna controlla le vocali dell’altra. Anche dal rito della firma si misura il passare del tempo. Per fortuna il passare dei giorni aumenta anche l’affetto e la reciproca tolleranza.

 

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SPIGOLANDO https://www.giornaledelgarda.info/spigolando/ Sat, 01 Jul 2000 14:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=11726 IL TEMPO GIUBILARE
Dante (1265-1321), che fu presente alle celebrazioni indette da Bonifacio VIII nel 1300, descrisse nel Canto XVIII dell’Inferno le modalità di circolazione dei pellegrini: “come i Roman per l’esercito molto, / l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto, / che da un lato tutti hanno la fronte / verso il castello e vanno a Santo Pietro; / da l’altra sponda vanno verso il monte”. Sei secoli più tardi, quando Leone XIII rimurò la porta sacra al termine dei riti del 1900, parve a Pascoli (1855-1912) che quell’atto solenne escludesse dalla gioia perenne i fedeli che pure volevano “passar di là”. Ed aggiunse: “O nostro primogenito, / puro tra i bissi puri, / le pietre che tu muri / con la gracile mano, / nel sepolcreto sembrano / chiudere i tuoi fratelli / tutti; con tre suggelli, / tutto il genere umano”.

CARDUCCI E IL PREMIO NOBEL
Dall’amico Giacomelli mi proviene un volume pubblicato nel 1964. L’opera uscita per i tipi dei Fratelli Fabbri, è dedicata a Giosuè Carducci (1835-1907), cui nel 1906 venne conferito il premio Nobel per la letteratura. All’anziano poeta le condizioni di salute non consentirono il viaggio a Stoccolma. Sicché il 10 dicembre, giorno nel quale ha tradizionalmente luogo la cerimonia di consegna dei prestigiosissimi riconoscimenti, il ministro barone Bildt si recò nella casa bolognese di Carducci. Quivi, letto “un caloroso discorso in italiano”, espletò la prevista formalità. Dopo l’uomo di stato, parlarono il sindaco e il rettore dell’Università. Con gli occhi gonfi di lacrime, il vate sussurrò queste parole all’illustre ospite: “Salutate il nobile popolo svedese, nobile nei suoi pensieri e nei suoi atti”. Poco tempo appresso, nella notte tra il 15 e il 16 febbraio 1907, in quell’austera dimora felsinea entrò – come scrive Mario Biagini – “una Visitatrice più grande della poesia”.

RIFLESSIONE
In un limpido occaso primaverile, ho riflettuto sulle mutazioni intervenute a Sirmione dall’epoca della mia giovinezza. Sui prati che conducevano alle ‘Grotte di Catullo’ sono fioriti gli alberghi. In compenso sono scomparsi i gelsi e si sono assai rarefatte le siepi. Scorgo appena qualche rara farfalla dove volavano foltissimi sciami. Si è persa la memoria del verde ramarro che “folgore pare, se la via attraversa”, secondo il padre Dante. Tuttavia ovunque si inneggia a “le magnifiche sorti e progressive” dell’industria turistica. Ed io non sono che la reliquia di un tempo che non ritornerà.

A proposito di una delusione leopardiana
Ritengo che la vita induca molti di noi a credere di non essere giustamente apprezzati ed a lamentare il mancato aiuto da parte di chi avrebbe potuto, o magari dovuto, concederlo. A parziale titolo di consolazione, rammento che il giovane Leopardi (1798-1837) – non ricco per la cattiva amministrazione del padre, conte Monaldo – scrisse varie lettere ad insigni (o presunte tali) personalità dell’epoca, al fine di ottenere un decoroso impiego, che gli consentisse di lasciare il “natio borgo selvaggio”. Ricevette da tutti complimenti per la sua arte e lusinghieri attestati di stima. Ma nessun concreto aiuto gli provenne. Sicché pare il caso di osservare che, fatte le debite eccezioni, è bene contare unicamente sulle nostre forze, senza sperare in improbabili ausili altrui. Non risolveremo forse al meglio i nostri problemi, ma ridurremo per certo il numero delle nostre delusioni.

Enrica Bonazzi Cànepa e il Pontefice
Enrica Bonazzi Cànepa mi ha scritto, a proposito del Carme 66 di Catullo, che “Conone appese alle stelle l’amore di Berenice perché per sempre gli uomini potessero contemplare e rivivere questo stupendo sentimento coniugale”. Nella medesima lettera la gentile poetessa gardonese ha pure trascritto quanto il cuore le aveva “dittato dentro” il 26 marzo 2000, ultimo giorno del pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Terrasanta. Trascrivo di sèguito parole che mi appaiono davvero ispirate: “Anche la pace/ ha un prezzo/ ma se è amore/ che si dilata/ è il prezzo più onorevole/ che un popolo possa pagare/ È il trionfo più alto/ che una religione possa generare”.

L’Ateneo di Salò
Nel 1930, per i tipi di Giovanni Devoti, apparvero le ‘Memorie dell’Ateneo di Salò’. Con esse l’antica Accademia degli Unanimi, fondata il 20 maggio 1564 dall’umanista Giuseppe Milio Voltolina, ritornò in vita e si propose di rinnovare l’antica fiamma astenendosi “da ogni volgarità commerciale”. A tale fine venne ripresa la secolare divisa dell’Accademia, che rappresentava un alveare intorno al quale volavano delle api e che mostrava il motto ‘Idem ardor’.

Di: Mario Arduino

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Sirmione: IL RICORDO DEL SARTO Luigi Misserini a cura di Mario Arduino https://www.giornaledelgarda.info/sirmione-il-ricordo-del-sarto-luigi-misserini-a-cura-di-mario-arduino/ Sat, 01 Jul 2000 16:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=17906 Dall’amico Massimo Treccani, che mi fu prezioso collaboratore in lunghi anni di pubblico impiego, ho ricevuto un dono singolare e gradito. Conoscendo il mio incoercibile interesse per le vicende andate, egli mi ha portato la fotocopia della carta di identità n°1 del mio Comune, rilasciata l’11 marzo 1933 – anno XI dal Podestà al signor Luigi Misserini, nato a Sirmione il 21 ottobre 1902. Mentre osservavo la riproduzione del documento, i ricordi si sono affollati alla memoria. Misserini, sarto di professione, rivoltò, allargò e rappezzò i miei abiti nei poveri anni dell’immediato dopoguerra. Le sue abili mani confezionarono anche una sorta di giaccone con la coperta militare tedesca che era assai pesante ma non riparava dal freddo notturno.. Più tardi, malgrado la rilevante differenza d’età, divenimmo amici e fummo compagni di qualche partita di bocce sui campi del circolo Enal, da tutti chiamato “Dopolavoro”. L’artigiano di via Vittorio Emanuele II era noto per la calma olimpica, la lentezza quasi solenne dell’incedere, l’estrema sobrietà dell’eloquio e l’abitudine di uscire d’inverno con il cappotto posato sulle spalle a guisa di mantello. Non mancavano quanti, al proposito, malignamente sostenevano che era la sua nota pigrizia ad impedirgli di indossare normalmente quel capo di vestiario. In un libro intitolato ‘Il Garda di Consadori’, edito nel 1994 dalla bresciana Grafo, la curatrice Maria Pia Bagnariol ha fatto riprodurre un acquerello del 1950 nel quale l’illustre artista aveva raffigurato la ‘Sartoria Misserini’. Attraverso l’uscio aperto si scorge il titolare, dinanzi al tavolo di lavoro. Conobbi pure l’ex Podestà Cav.Uff. Luigi Trojani, farmacista in piazza Carducci. Di lui ho scritto in un volume delle ‘Giornate Catulliane, giacché nel 1935 -quando era presidente dell’azienda di cura climatico-termale, cumulando tale importante carica a quella di capo della civica amministrazione- ebbe la lodevole idea di indire una celebrazione del poeta latino cui Sirmione deve fama imperitura. Per varie ragioni quel desiderio non venne realizzato, ma ne rimane a testimonianza l’erma di bronzo posta in un’aiuola vicina all’imbarcadero. Il gesto cortese di Treccani, monteclarense come l’omonimo fondatore dell’Enciclopedia Italiana, mi ha consentito di ricordare con immutato affetto il farmacista, il sarto e il pittore. I primi due se ne sono andati da molti anni. Più recente è la scomparsa del terzo, con il quale ho trascorso molte ore serene all’hotel Ideal dei signori Fezzardi, talvolta evocando una mostra alla quale aveva partecipato insieme a Oscar Di Prata, Franco Ferlenga e Trento Longaretti. Rileggo adesso le limpide note di Amanzio Possenti nel libro dedicato dalle bergamasche Edizioni Flash a quella memorabile rassegna di arte lombarda e considero che davvero “il rimembrar delle passate cose” allevia le cure presenti, inducendo pacate aspettative future.

Di: Mario Arduino

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