Anna Dolci – Giornale del Garda https://www.giornaledelgarda.info by Dipende Fri, 29 Mar 2024 07:57:27 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.5.30 Livio Furini e la città dei balocchi Gardaland, un’idea vincente https://www.giornaledelgarda.info/livio-furini-e-la-citta-dei-balocchi-gardaland-unidea-vincente/ Sun, 28 Jan 2024 01:12:48 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=37072 Bene hanno fatto le figlie Elena e Rossella con la madre Giuliana a raccogliere in un film-documentario l’avventura imprenditoriale di Livio Furini, l’inventore del parco di divertimenti più iconico d’Italia.

Uomo eclettico e versatile, dal 1972 al 1975 riuscì a dare concretezza ad un’idea vincente che aveva il suo punto di riferimento in California, dove nel 1955 Walt Disney aveva inaugurato Disneyland. Quanti, fra le orde di bambini di ogni età che si riversano nelle strade del parco gardesano, sanno che devono la contentezza del loro giorno giocoso all’intraprendenza di un figlio della provincia veronese, risoluto a rendere il Benaco un territorio attrattivo per un turismo non solo balneare?

La vita di quest’uomo poliedrico, commerciante, musicista e poeta, spentosi a soli 54 anni, è stata ripercorsa dal regista-documentarista Paolo Cassina, assemblando le testimonianze di amici, collaboratori e parenti, in un medley di ricordi e d’immagini che riportano alla memoria il parco delle origini, quello del trenino Transgardaland Express, del castello medioevale, del ponte giapponese, del safari africano e della cittadina western che presero forma sotto la direzione di Alfredo Laino, un importante scenografo napoletano di presepi. Un piano di lavoro serrato che, dall’acquisizione dei terreni nel 1971 alla fase progettuale, dalla nascita della società Gardaland SpA nel 1974 alla costruzione dei siti d’intrattenimento nel 1975, ha consentito di traguardare l’inaugurazione del 19 luglio con un investimento iniziale di 200 milioni di lire per 90.000 mq di parco. Con un biglietto d’ingresso a 1.750 lire, già nel primo anno furono incassati 140 milioni di lire, a riprova della giusta intuizione di Livio Furini che, nonostante il ruolo propulsivo, fu estromesso poco dopo dal consiglio di amministrazione. L’abbandono della sua creatura, qualche anno dopo, fu l’ultima conseguenza di una cocente delusione che non ha offuscato il percorso operato da Livio Furini ma, anzi, rende questa vicenda ancor più meritoria di essere narrata. Insieme ai vulcanici progetti che solo la morte ha potuto pietrificare come tali: musei interattivi e scenografici, incentrati sulla storia, la natura e la scienza, con una visuale sul amusement rivolta ad un turismo di matrice culturale. Una prospettiva decisamente antesignana rispetto ai tempi in cui fu concepita e che meriterebbe di essere rivalutata alla luce delle esigenze sempre più sofisticate dei vacanzieri contemporanei.

]]> Che Carnevale questo Natale! https://www.giornaledelgarda.info/che-carnevale-questo-natale/ Mon, 18 Dec 2023 19:28:06 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36223 Tra cristianità e laicità, a rimetterci è l’anima

Pare che lamentarsi della scristianizzazione del Natale stia diventando una tradizione nella tradizione. Impazzano gli agguerriti opinionisti della matrice giudaico-cristiana e della cultura greco-romana che dai propri scranni da curva fanno rimbalzare gli slogan di un tifo che, proprio perché divisivo, non si fa carico di accogliere le ragioni di una storia che è giunta fino ai nostri giorni sulle gambe di generazioni pensanti sì, ma soprattutto oranti.

Il dizionario etimologico ci suggerisce che il termine italiano Natale derivi dal latino cristiano natāle(m), per ellissi di diem natālem Christi, il giorno della nascita di Cristo, a sua volta dal latino natālis derivato da nātus, nato, participio perfetto del verbo nāsci, nascere. La spocchia da liceo classico mi fa gioco per dire che basterebbe questo lemma per ridimensionare la polemica. Pare tuttavia doveroso prendere atto che la fisarmonica della storia riserva tra le sue pieghe gustose curiosità, se non anche sorprese. Conosciuta ai più è la festa laica del solstizio d’inverno del 25 dicembre, il Dies Natalis Solis Invicti, istituita dall’imperatore Aureliano nel 274 dopo Cristo, figlia e nipote di un’antichissima tradizione di divinità solari.  I cicli delle civiltà antiche ci narrano infatti di Horus, nato il 25 dicembre di quattromila anni prima di Cristo, dalla vergine Isis. La venuta del figlio del dio Ra fu annunciata da una stella che tre re seguirono da Est per giungere nell’egizia Annu, “il posto del pane”, come Betlemme. E le similitudini con la vita del Cristo non si fermano alla nascita. Passiamo poi al Mithra dei legionari romani, non si sa quanto lontano parente del Mithras persiano, nato il 25 dicembre da roccia vergine tra pastori adoranti, nell’iconografia tradizionale figurato nell’atto di sgozzare il toro per liberarlo dal male, offrendo così l’immortalità ai suoi fedeli alla fine del mondo. Ed era festeggiata il 25 dicembre pure Astarte, nota nella Gerusalemme del re Salomone, dea suprema di Fenicia che scese agli inferi e fece ritorno. Il solstizio d’inverno era caro ai festeggiamenti anche del dio babilonese Tammuz, con il capo cinto da 12 stelle e della dea della Frigia Cibele che i romani omaggiarono con un tempio sul Palatino. Se si gioca sulla simbologia solare, i fili della storia sono destinati ad intrecciarsi ed ingarbugliarsi.  L’ostia eucaristica è un sole sacralizzato dal trigramma IHS, Gesù salvatore degli uomini, che nell’ostensorio, reliquario raggiante, introduce nelle liturgie il concetto della luce come identificazione del divino. Non ci sono né vincitori né vinti in questa sterile disputa che, viceversa, dovrebbe suggerirci come il racconto dell’umanità sia costantemente in relazione con il sacro, attraverso riti e simboli in grado di innestare l’incommensurabile nella finitudine del tempo. Sul perché non mi dilungo. Ma giunge utile il sondaggio sviluppato a ridosso del Natale 2022 da SWG per dare forma ai sentimenti dei credenti e dei non credenti all’approssimarsi del 25 dicembre. I cattolici praticanti si concentrano sulla speranza (Il sentimento più popolare, che coinvolge il 47% degli intervistati, ma è nominata dal 58% dei credenti e solo dal 29% dei non credenti), sulla fiducia e sulla gratitudine, mentre i non credenti sulla malinconia, per il 42%, e la noia, per il 27%, anche se la gioia mette d’accordo più del 30% degli intervistati da ambo le parti. Anche sulla simbologia, le differenze sono evidenti: i cattolici affidano lo spirito del Natale al presepe (54%) mentre i non credenti si dividono tra Babbo Natale (30%), mr. Scrooge (29%) ed il Grinch (26%), simbolo di una repulsione verso una festività dell’apparenza e del godimento, solitario o condiviso, dei piaceri della tavola e del tempo lento, del viaggio, del gioco e dello shopping da regalo. Il Natale senza natività pare quindi una festa di compleanno senza il festeggiato, tutti a fare caciara senza un comune perché. Un carnevale anzitempo, dove le maschere sono accessori irrinunciabili per sostenere le conversazioni sussiegose di colleghi, amici e parenti nella lunga marcia delle cene aziendali, dei saggi scolastici e dei pranzi familiari. Che poi, diciamocelo, alla lunga ci si ritrova sguarniti di parole di senso, in una ciarla che si spegne in lamento, come nei fantasmini di Halloween.

 

photo SAVIOLAM riproduzione vietata

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Ricordo di Diego Pasini, un Signore del Vino https://www.giornaledelgarda.info/diego-pasini-un-signore-del-vino/ Sat, 16 Dec 2023 14:23:12 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36200

Diego e la leggerezza del rigore


A pochi giorni dal suo ottantaquattresimo compleanno è scomparso Diego Pasini, promotore di uno stile identitario per la viticoltura di Riviera

“Dove c’è foglia è ancora possibile intervenire”. Parco di parole e di passerelle, all’indomani dalla terribile devastazione del 4 agosto 2002, Diego Pasini arginava con questa chiusa zen lo sconforto di un’intera plaga vitivinicola, depauperata in un amen della propria ricchezza in grappoli dalla ferocia della tromba d’aria che, dalle sue spire, aveva precipitato delle spietate palle di ghiaccio. Trovo che questo lontano episodio ci parla di Diego più di quanto la storia di successo della sua azienda possa testimoniare. C’è la fermezza del condottiero che non ammaina le insegne anche se la lotta è disperata ma c’è pure la fiducia in ciò che può arrivare da un domani sempre più imminente, plasmato dal rigore dell’azione e dalla leggerezza del giudizio.  

Lo ammetto, ho subito la fascinazione di Diego, “uno dei pochi uomini che sapeva camminare”, come disse Gianni Agnelli di Henry Fonda. Un sentimento di profonda stima e di ancillare affetto, risalente al tempo in cui mise sul tavolo il peso del suo carisma per spezzare le consuetudini decennali di affiliazione maschile ed appoggiare il presidente, l’indimenticato Alberto Pancera, nell’intento d’introdurmi nella Confraternita del Groppello dalla porta principale.

Da allora, ogni incontro si è identificato con il suo sorriso accogliente che spuntava dall’alto della riguardevole statura. Percepivo nello sguardo, incorniciato dalle lenti, l’orgoglio per le creature che aveva in cura, fossero esse incarnate nella famiglia, stoccate nella cantina e anche allineate nell’esercito di fusti accartocciati al primo sole di primavera. Un uomo, antico nel garbo, ma contemporaneo al suo tempo, persino precursore di una viticultura d’eccellenza, in un territorio di adozione, la Valtenesi, che molto ha faticato per darsi un’identità ed uno spazio nel mercato che conta, quello che i contigui del Lugana e del Franciacorta solcano da tempo con una certa destrezza.

Il suo stile aziendale lo ha posizionato tra i maggiorenti delle produzioni tipiche di Riviera ma Diego sarà ricordato al di là dei suoi meriti professionali. Resterà nella memoria collettiva quale inconsapevole e magistrale interprete di un tempo in cui l’autorità non era prevaricazione e il fair play non era debolezza. Con un’innata eleganza che sarà cara anche agli Dei.

Anna Dolci

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Il Vittoriale supera sé stessoSe 300.000 presenze vi sembrano poche… https://www.giornaledelgarda.info/il-vittoriale-supera-se-stessose-300-000-presenze-vi-sembrano-poche/ Tue, 12 Dec 2023 19:46:41 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36229 Chissà cosa direbbe Gabriele d’Annunzio nel sapere che la ghiaia dei vialetti odorosi è calpestata da un pubblico sempre più desideroso di fare la conoscenza del suo monumentale capolavoro?

Agli inizi di novembre il pallottoliere della biglietteria contava già più ingressi che in tutto il 2022, quando furono ben 267.000. Il record giornaliero è stato raggiunto il 25 aprile 2023, con 2.500 visitatori: l’ultimo picco fortunato risaliva alla Pasquetta 2010, con un afflusso di 2.000 visitatori. Giordano Bruno Guerri, dal 2008 presidente e direttore generale della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera, ha infuso grande energia per sospingere il sito museale verso traguardi sempre più sfidanti. “Noi viviamo di biglietteria e di proventi di affitto spazi per matrimoni, eventi, convegni – ha dichiarato – Quanto ai contributi pubblici, sono fondi che arrivano da bandi ai quali partecipiamo e che vinciamo, non sono elargizioni. Incassiamo qualcosa anche dalla Regione Lombardia, che ha capito che il Vittoriale è un punto di forza dell’offerta culturale e turistica. D’altronde il Vittoriale è stato privatizzato dal 1° gennaio 2010, e ha rinunciato istituzionalmente ai contributi pubblici”. Tra gli interventi finanziati da Regione Lombardia dal 2018 a oggi, l’anfiteatro Parlaggio, il restauro conservativo delle superfici lapidee Esedra e Dalmata e del viale Pilo del Piave, così come un intervento sulla Regia Nave Puglia. Ma ad attirare il pubblico sulle prime pendici gardonesi è pure il Festival Tener-a-Mente, con quasi 27.000 spettatori nel 2023 ed un indice medio di riempimento del teatro del 100%. Il 90% dei biglietti è venduto online e gli acquirenti sono figli del mondo: Germania, Austria, Gran Bretagna, USA, Francia, Belgio, Russia, Svizzera, Thailandia, Australia, Islanda, Finlandia. Come figli del mondo sono gli artisti che si sono esibiti su di un proscenio di commovente bellezza, da Lou Reed a Patti Smith, da James Blunt a Ludovico Einaudi, grazie alla direzione artistica di Viola Costa.
Il 2023 trova una degna conclusione con la festa del Vittoriale del 30 dicembre e l’inaugurazione della mostra dedicata ai gioielli di Umberto Mastroianni. Gioielli erranti fra i gioielli permanenti del Vittoriale: un abbinamento che sa già di trionfo.

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IL Divino Infantequando il sacro si fa bambino https://www.giornaledelgarda.info/il-divino-infantequando-il-sacro-si-fa-bambino/ Sun, 03 Dec 2023 19:19:39 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36220 L’etimologia suggerisce che il sacro sia qualcosa di separato dal mondo degli uomini. Non può essere avvicinato senza pericolo e, tuttavia, attira l’uomo verso di sé. Nella funzione di legame e di mediazione svolta dal sacro, l’elemento divino e quello umano si rapportano l’un l’altro, indissolubilmente.

Hiky Mayr, donna colta di origini tedesche, ha raccolto, in anni di paziente ricerca, le testimonianze italiche di una sacralità delicata e fragile che ha permeato nei secoli il culto iconografico del Bambin Gesù e di Maria Bambina. Frutti medievali della pianta francescana e fiori imperituri della Controriforma, questi rosei simulacri sono giunti fino a noi, ignudi o sontuosamente abbigliati, per raccontarci di una devozione antica, sincera, fedele che ha impregnato di sé ogni tassello del legno, della cera, della cartapesta, della terracotta con cui sono stati plasmati. Tessuti di broccato, merletti raffinati, nastri e passamanerie dai colori dell’oro e dell’argento, ci tramandano le movenze delle dita esperte che li hanno assemblati e delle mani altrettanto valenti che li hanno restaurati. Lasciandoci meravigliare, teca dopo teca, dalla beltà dormiente dei pargoli divini, è possibile percorrere un viaggio nella storia e nella geografia d’Italia, nelle usanze e nei riti che hanno contraddistinto epoche che ci appaiono più lontane di quanto in realtà sono. Il tracciato del museo riserva poi un’ansa di puro piacere, quello d’essere fagocitati dentro la carica caleidoscopica del presepe napoletano settecentesco, in cui la natività pare un dettaglio sacro sul grande palcoscenico del profano. Le vite sovrapposte del borgo partenopeo suscitano persuasioni di appartenenza a quella umanità ripiegata sulla propria quotidianità e tuttavia rischiarata dalla presenza trascendente del Divino Infante. Sarebbe pertanto riduttivo relegare l’esplorazione al solo intervallo natalizio. Quelle manine paffute levate al cielo ci invitano ad un incontro senza tempo né scadenza, quello con la storia del sacro che, inevitabilmente, è la nostra storia.

Scoprite il vostro territorio:
vivete la magia del Natale
al Museo Il Divino Infante!

Il museo si trova a pochi passi dal noto Vittoriale degli Italiani, in via dei Colli 34.
Info: www.il-bambino-gesu.com – info@il-bambino-gesu.com Instagram @museodivinoinfante

Orari: dall’1 al 17 dicembre 2023 aperto tutti i venerdì, sabato e domenica dalle 14 alle 18. Dal 22 dicembre 2023 al 7 gennaio 2024 aperto tutti i giorni dalle 14 alle 18.
Aperto tutto l’anno a visite guidate per gruppi e scuole su prenotazione al numero 335 360520 oppure 339 4932782. Prezzi: Adulti € 7,00 – Ragazzi (fino a 12 anni) € 5,00 – Studenti, anziani, disabili € 5,00 – Gruppi (da 30 persone) € 5,00 -Bambini (sotto i 6 anni) GRATIS

Il Museo Il Divino Infante è associato a Gardamusei

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L’irriverente questione di stelle… https://www.giornaledelgarda.info/lirriverente-rubrica-a-cura-di-anna-dolci-1-puntata/ Sat, 02 Dec 2023 22:56:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36236 rubrica a cura di Anna Dolci. 1 puntata

Quando si tratta di issare i colori di Francia, sono la prima a far scorrere la corda. Con ardore e smaccata partigianeria. Ma la Guide Michelin anche quest’anno ha deciso di mandarmi di traverso l’orgoglio gardesano, negando la seconda stella al Lido 84, non un mero ristorante ma una filosofia, probabilmente la stessa che fu di Anfitrione. Da Gardone Riviera alla settima posizione tra i The World’s 50 Best Restaurants, primo in Italia (era quindicesimo nel 2021), la strada è relativamente breve, stante l’avvio dei fuochi nel 2014, quando i fratelli Camanini si insediavano in uno storico palazzo fronte lago, con parco e darsena al seguito. Lo chef Riccardo ha conquistato la ventiduesima posizione della Best Chef Awards, secondo fra gli italiani dopo Massimo Bottura, ed il Lido 84 ha collezionato gamberi e forchette come se piovesse ma i francesi non se ne sono accorti, probabilmente erano distratti. Si sono affrettati ad assegnare la prima stella nel 2015, a pochi mesi dall’apertura, e poi si sono messi fischiettare mentre nel 2019 la Cacio e Pepe in vescica di maiale raggiungeva la vetta dei piatti “house special” negli Oscar mondiali della cucina e Forbes battezzava il Lido 84 fra le 100 Eccellenze italiane con questa formula di rito: “Una cucina dai sapori netti come dardi, di tecnica padroneggiata ai massimi livelli, di piatti futuribili pur se ereditati dal passato”. Qualche giro di tavole blasonate chi scrive se li è fatti eppure considera rara la cura olistica ricevuta sotto lo sguardo attento di Giancarlo, premiato da Gambero Rosso come miglior uomo di sala dell’anno 2017: la freschezza del servizio, l’eleganza degli spazi dell’accoglienza, la cura del dettaglio di cucina, l’attenzione cortese dello chef a una bimbetta golosa, sono voci di un menù che è riduttivo monetizzare. Qui si va oltre il business, in un umanesimo del gusto che, non a caso, ha dimora sul suolo italico. I francesi farebbero bene ad accorgersene.

 

Lido84 Corso Zanardelli, 196, Gardone Riviera (BS)

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Il casello della memoria https://www.giornaledelgarda.info/il-casello-della-memoria/ Fri, 24 Nov 2023 14:57:27 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36165 Gli anni ’20 e ’30 del secolo breve rappresentano il tempo espansivo dell’aviazione e della Regia Aeronautica, sorta nel 1923, una “età dell’oro” guarnita di primati, imprese, raid e trasvolate che hanno collegato l’Italia alle Americhe e all’Asia, financo al Polo Nord.

Ma la sfida si giocava pure sulla velocità, con i colori vincenti che sventolavano Oltre Manica, dove la coppa Schneider sembrava aver trovato una stabile dimora. Ed è in questo magma di orgoglio e di sconforto che entrava sulla scena il nostro casello, testimone delle imprese di Francesco Agello che, con il suo idrovolante Macchi Castoldi 72, il 10 aprile 1933 conquistava il primato di velocità con una media di oltre 682 km/h. Lui era lì, severo e composto, anche quando l’“uomo più veloce del mondo” infrangeva il record mondiale di velocità detenuto dagli inglesi fino a quel 23 ottobre 1934, quando la velocità media salì a ben oltre 709 km/h, con picchi che sfiorarono i 711 km/h. Il casello di Manerba del Garda è ancora al suo posto, piantato come un faro sulle falesie della rocca, respira l’alito della macchia mediterranea di un lago che è quasi mare. Fiero di quel primato tutt’ora imbattuto e misurato sulle sue spalle, testimonia al passante di un tempo in cui il Reparto Alta Velocità era il fiore all’occhiello dell’aviazione italiana e la Scuola di Desenzano un distretto tecnologico d’avanguardia. Il casello sa che il sacrificio della vita dei collaudatori dell’MC72 fa parte di una storia di valore che lui non ha la voce per raccontare, ma che talvolta sente insinuarsi nella brezza dell’Ander con le parole del Comandante della Scuola, Colonnello Bernasconi: “l’idrocorsa col suo rombo possente e risonante, eccitava l’eco dei monti racchiudenti il Garda, quasi a chiamare in adunata gli spiriti di tanti eroici velocisti, caduti perché egli riuscisse vittorioso e potesse dare alla Patria, all’Italia, più alto onore e più ammirabile prestigio”. Il casello non ha labbra, ma può avere parole per narrare la sua storia, e quel gesto di ascolto riguarda tutti, i cittadini ed i villeggianti, gli escursionisti ed i botanici, gli amministratori e le scolaresche, gli storici ed i cultori dei congegni alati. Dare voce e dignità ai cementi del casello rientra in quel circuito del fare memoria che sta impegnando il comitato spontaneo, di concerto con la famiglia Cavazza, titolare di quella roccia di paradiso che fende il basso Garda come la testa di un coccodrillo. Uno sforzo, quello di fare memoria, affinché la storia del casello diventi la nostra, per tanti novant’anni a venire.

Anna Dolci

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Passaggio e paesaggio https://www.giornaledelgarda.info/passaggio-e-paesaggio/ Wed, 04 Oct 2023 03:58:04 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36075 I campi elisi del ciclista, insinuatisi come un esperanto tra le inflessioni dialettali delle regioni gardesane, campeggiano nello spazio tra web e realtà degli amanti del pedale, con una promessa di appagamento alla portata di ogni ruota.
“Entro il 2026 saranno finiti i lavori di costruzione delle Ciclovia del Garda, una pista ciclabile attorno al Lago di Garda con una lunghezza di 140 km. Per il progetto ambizioso vengono utilizzate piste ciclabili già esistenti e aggiungendo nuove tratte. In questo modo un sogno per ogni ciclista diventerà presto realtà: il giro del Lago di Garda su una pista ciclabile ininterrotta”. Ma il ribaltamento di prospettiva è dietro la curva. Dove l’establishment intravede il paradiso, fra soffici nuvole di scontrini fiscali, il Coordinamento interregionale a tutela del Garda – che riunisce una trentina di associazioni e comitati, tra cui Wwf, Slow Food, Italia Nostra e Legambiente – presagisce le spire dell’inferno di uno “scempio ambientale irreversibile”. Non li ha fermati nemmeno la canicola di agosto nel chiedere sostegno alla pubblica opinione per fermare “questa ciclovia del Garda, un’opera ad alto impatto paesaggistico e ambientale, ad elevato rischio idrogeologico, non sicura per pedoni e ciclisti, molto costosa, non sostenibile, assolutamente incompatibile con la bellezza dei luoghi, progettataCiclolpedonale limone ciclovia senza condivisione”, come si legge nel testo della petizione disponibile on line. Il diavolo ha l’aspetto del danno paesaggistico-ambientale al sistema delle sponde, con i suoi tratti previsionali di passerelle a sbalzo sull’acqua, incastonate nella roccia da gravose strutture metalliche, con la cementificazione di alcuni tracciati e la compromissione delle passeggiate della domenica per taluni centri di Riviera. Incontrovertibile è il dato dei dissesti del versante roccioso, la caduta dei massi che affligge la viabilità lacustre, come nel gennaio scorso, quando una frana ha bloccato la circolazione sul tratto stradale fra Toscolano e Bogliaco, parte di un sistema viario immaginifico che, suo malgrado, la Aston Martin di James Bond ha proiettato sullo schermo del mondo. Sorvolando a volo di gabbiano sull’impatto economico per la spesa pubblica, in un’Italia in menopausa che per non scivolare nella senescenza abbisogna di medici impietosi e di fosforo per la memoria, è lecito chiedersi se qualcuno fra sponsor, progettisti, amministratori e burocrati abbia chiesto un parere vincolante a coloro che saranno gli intestatari del paradiso o gli oppressi dell’inferno, quei cosiddetti “giovani”, categoria dal vago contenuto tra la pre-adolescenza e le oltre trenta candeline, che vengono arpionati in campagna elettorale per poi essere ributtati nell’oblio ad urne chiuse. Tra passaggio e paesaggio c’è la variabile pedaggio, quello che addossiamo ad un futuro imbavagliato, sempre più povero di mezzi e di diritti che ci illudiamo di proteggere dalle nostre stesse contraddizioni.

APPROFONDIMENTI:

Punti informazione e Raccolte firme vengono periodicamente organizzati in vari paesi dal Coordinamento interregionale tutela del Garda insieme ai gruppi locali. Anche online è stata lanciata una petizione di cui riportiamo il testo

Petizione su change.org

FERMIAMO QUESTA CICLOVIA DEL GARDA, UN’OPERA AD ALTO IMPATTO PAESAGGISTICO E AMBIENTALE, AD ELEVATO RISCHIO IDROGEOLOGICO, NON SICURA PER PEDONI E CICLISTI, MOLTO COSTOSA, NON SOSTENIBILE, ASSOLUTAMENTE INCOMPATIBILE CON LA BELLEZZA DEI LUOGHI, PROGETTATA SENZA CONDIVISIONE.

Chiediamo al Presidente della Repubblica, al Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, ai Presidenti della Regione Lombardia, della Regione Veneto, della Provincia di Trento e della Comunità del Garda di SOSPENDERE questo progetto della Ciclovia del Garda che dovrebbe svilupparsi per circa 150 km lungo le coste del Lago con un costo preventivato di 344 milioni (di cui per ora solo 46 milioni finanziati a livello nazionale e 65 milioni dalla Provincia di Trento, per il solo tratto di 9 km da Riva a Limone dul Garda che costerà circa 7,2 milioni al km.La ciclovia turistica è una pista ciclopedonale che per rispettare le norme europee deve essere praticamente in piano, essere larga in media 3,5 metri, avere sede propria, segnaletica e punti di sosta. Il progetto della ciclovia mostra molte criticità, in particolare: -prevede passerelle a lago su pareti di straordinario pregio, ancorate alla roccia alterando irreversibilmente lo stato dei versanti o costruite con palificate nel lago, con tratti in fregio alle spiagge, interferendo con Siti Natura 2000 e aree protette, o in prossimità di sistemi di ville, alberghi, giardini storici  e limonaie, con un forte impatto paesaggistico e naturalistico;
-le passerelle sospese a lago risultano incompatibili con lo stato dei luoghi, creando un grave danno anche al prezioso e delicato ecosistema del Garda e non garantiscono la futura sicurezza del percorso, data l’alta e continua franosità dei pendii;
-nel basso lago la ciclovia provoca un ulteriore consumo di suolo, prevede il taglio di centinaia di alberi, interferisce con aree agricole;
– la ciclovia compromette la fruibilità dei centri storici che attraversa;
-il progetto non ha considerato i numerosi percorsi ciclabili esistenti ,anche da poco realizzati, che potevano essere coinvolti, senza prevedere una nuova ciclovia;
-il progetto non risulta coordinato tra le diverse Regioni e prevede tipologie, tecniche e materiali assai diversificati e non sostenibili;
-l’uso promiscuo di pedoni e ciclisti comporta alti rischi per entrambi, aggravati dalla vicinanza e dai numerosi attraversamenti delle ultra trafficate Gardesana Occidentale e Orientale;
-la ciclovia del Garda interferirà con la viabilità automobilistica gardesana, congestionandola ulteriormente, aumentando i rischi generali

Si chiede quindi di FERMARE questo progetto invasivo che comporterà elevatissime spese di manutenzione di cui si dovranno molto probabilmente far carico gli enti locali. Si chiede inoltre di POTENZIARE nell’alto Garda la navigazione pubblica – come previsto dalle normative ministeriali –  per sostituire i tratti ancorati alle rocce, in aree di elevatissimo valore paesaggistico e di notevole rischio idrogeologico e sismico, incentivando una mobilità sostenibile. Altre soluzioni vanno pensate e trovate per far apprezzare la straordinaria bellezza del lago di Garda ai ciclisti e ai pedoni.

Per informazioni scrivere a
coordinamento.tutela.garda@gmail.com
coordinamento.tutela.garda@lamiapec.it
Marina cell. 3393133308
PETIZIONE ONLINE SU CHANGE.ORG

 

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La comunità fa memoria di sé https://www.giornaledelgarda.info/la-comunita-fa-memoria-di-se/ Sun, 01 Oct 2023 15:12:56 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36174 San Felice del Benaco fino all’8 ottobre

Negli spazi dell’antico “Monte di Pietà” è stata allestita la mostra fotografica “C’erano una volta San Felice, Portese e Cisano”, a cura di Daria De Micheli, Emma Pezzi e Sergio Zanardini che hanno spulciato i vasti archivi di fotografi e testimoni storici della comunità come Danilo Saletti, Renzo Andreatta, Agostino De Micheli e Oscar Saletti.  Salita la storica scalinata, ci si addentra in un tempo sospeso, fatto di ricordi, di suggestioni, di volti che portano lo sguardo oltre le immagini, in una narrazione che per alcuni è la propria storia personale e per altri è racconto, ascoltato e vissuto nelle parole di coloro che c’erano e che si appassionano nel condividere il ricordo di un passato che vive fino a che se ne fa memoria. Il percorso, ben costruito e argomentato, con momenti celebrativi di riguardo alla Banda musicale cittadina e all’indimenticato storico Pierluigi Mazzoldi, è un ponte fra le generazioni: i nonni svelano ai nipoti di essere stati giovani, le piazze raccontano sé stesse con altri muri e confini, le mamme ritrovano il sorriso della loro infanzia. Con uno sguardo rivolto sempre al Cielo, in una devozione che non era solo rito. Ma  fede, anche nel futuro.
A.D.
ORARI lunedi, mercoledì, venerdì dalle 10 alle 12. sabato 10-12/16-20 domenica 10-12/16-18.

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Apiterapia: salute e benessere con le api https://www.giornaledelgarda.info/apiterapia-salute-e-benessere-con-le-api/ Fri, 18 Aug 2023 16:41:11 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36030 La testimonianza di Andrea Dal Zotto, falegname, apicoltore appassionato della natura e della visione olistica, ha creato nel 2017 l’Apiario Integrato®. Grazie alle sue intuizioni, ha costruito a Marostica, nella provincia vicentina, il suo apiario olistico. Una struttura tanto semplice quanto versatile che permette una serie di attività didattiche legate all’apicoltura e all’apiturismo.

La sua esperienza consulenziale consente alla nostra Associazione di ottimizzare il progetto di realizzazione di un apiario sul Garda, grazie ai fondi del bando riferito al Programma di Sviluppo Rurale “7.4.01 – Sostegno ai luoghi della cultura per rafforzare i servizi alle popolazioni locali e migliorare l’attrattività del territorio – anno 2022” promosso dal GAL GARDA E COLLI MANTOVANI ed alla partnership con le associazioni ambientaliste territoriali, individuando, in primis, insieme all’Amministrazione comunale di Desenzano, una location compatibile con le esigenze funzionali della struttura e con le direttive dei parchi locali di interesse sovracomunale (Plis).

Quando abbiamo incontrato Andrea Dal Zotto nel suo apiario ci siamo fatti raccontare la sua storia.

Andrea, come è nata l’idea dell’apiario integrato?

L’idea che mi è sorta viaggiando e osservando come lavorano gli altri apicoltori in Europa. L’Apiario Integrato® nasce dalla necessità di avviare un’attività d’integrazione del reddito familiare per chi, ad esempio, già si occupa di apicoltura o chi vorrebbe avvicinarsi a questa splendida attività. Si parla di “integrato” perché si possono offrire soluzioni diversificate per la didattica e per il turismo, con proposte innovative come la creazione di un’area benessere dove gli ospiti possano sperimentare i suoni ed i profumi dell’alveare in totale sicurezza.

Le attività come la didattica per le scuole sono già abbastanza conosciute ma ci incuriosisce l’area benessere. Come funziona? L’olismo è un principio filosofico dove le parti sono un tutt’uno con l’intero: il macrocosmo, la nostra terra, e il microcosmo, noi e il nostro corpo, coesistono in simbiosi e si somigliano. Gli ospiti possono usufruire di specifiche attività che favoriscono il rilassamento corporeo, dalla meditazione al bee-humming, altrimenti conosciuto come api-sound. Pare infatti che il ronzio delle api emetta una frequenza salutistica tale da rivelarsi un concentrato di benessere, come sostengono l’Associazione Italiana Apiterapia e l’Accademia di Apiterapia. Le potenzialità curative di miele, cera, pappa reale, propoli erano note fin dall’antico Egitto dove si praticava l’apicoltura per trarne ciò che di più dolce la natura potesse offrire. Diversi studi hanno dimostrato che gli oli essenziali e le resine raccolte dalle api hanno una potenziale azione curativa sull’apparato respiratorio.

Ma come è fatto un Apiario Integrato®? Diciamo che si presenta come una sauna finlandese, con sdraio e finestre ma senza calore. È una casetta in legno naturale non trattato, collegata direttamente alle arnie dove potenza e armonia della natura donano esperienze olfattive e sensoriali rilassanti. Tramite una rete, che separa il visitatore dalle api, suoni e profumi dell’alveare pervadono la casetta creando una vera e propria sensazione di benessere olistico.

Per salutarci, potresti raccontarci cosa possiamo apprendere dalla convivenza con le api? Le api sono delle sentinelle per la biodiversità e sono maestre di vita, insegnano a vivere in comunità: l’accettazione del ruolo, la condivisione di un bene comune, la comunicazione. Le api sono la rappresentazione completa di una famiglia. Un super organismo dove ogni membro ha un compito, ognuno – api, fuchi o regina – ha un lavoro ben preciso da svolgere e nessuno può vivere senza l’altro. Una chiara rappresentazione che ribadisce l’importanza di essere uniti, di stare insieme, per lavorare, cibarsi, e vivere al meglio delle proprie possibilità.

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Gioco di sponda: Garda Veronese batte Garda Bresciano https://www.giornaledelgarda.info/gioco-di-sponda-garda-veronese-batte-garda-bresciano/ Fri, 04 Aug 2023 16:12:33 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=36013 I dati provvisori Istat sul movimento complessivo del turismo in Italia nel 2022, rivelano che rispetto al 2021 vi è stato un aumento degli arrivi del 17,4% e del 143,1% delle presenze. E sulle province del Garda?

Ciò che è trino è perfetto e divino”, ricordava la nonna, affacciata sulle reminiscenze di antiche catechesi. Se il bacio del divino è rintracciabile lungo l’intero perimetro benacense, la perfettibilità del sistema pluriregionale è una strada a tornanti, con vista sui dirupi della globalizzazione dell’offerta turistica e della sostenibilità dei flussi sui territori ospitanti.  L’ultimo “Rapporto sul turismo italiano 2020-2022” del CNR-IRISS conferma l’attrattività delle sponde gardesane, seconde solo alla riviera romagnola per arrivi in Italia e medaglia di bronzo per presenze, dietro sempre alla riviera romagnola e alle coste venete. I numeri aggregati dei ricercatori risentono palesemente della crisi pandemica ( -53% degli arrivi e -55% delle presenze nel 2020 sul 2019) che tuttavia non ha eroso il peso del Benaco sulla bilancia del settore turistico italiano. La rilevazione sul 2022 degli operatori turistici gardesani parla di 27 milioni di presenze: giusto per avere un termine di paragone, l’Enit ha contato 14 milioni 700 mila presenze nelle strutture ricettive dell’intera Sicilia. Secondo gli ultimi dati annuali disponibili del 2021, la bandiera lacuale del Trentino è di Riva del Garda, con quasi un 1 milione 200 mila presenze, in Veneto svetta Lazise che lambisce i 3 milioni di presenze ed in Lombardia la parte del leone la fa Sirmione che arriva al milione di presenze e le supera ampiamente nel 2022. Il consorzio Lago di Garda Lombardia esulta infatti per i numeri del 2022, con 7 milioni e 900 mila presenze, pari al 30% circa dell’intero bacino gardesano, ma annota un ritardo sulla permanenza media di 3 giorni nel bresciano a fronte del dato gardesano pari a 4,5 giorni. E qui vale la pena imbastire un minimo di ragionamento, tra l’empirico e il teoretico. Demoskopika ha pubblicato per il sesto anno il Regional Tourism Reputation Index ed ha assegnato il podio del 2022 al Trentino-Alto Adige, regione con la migliore reputazione turistica, grazie al primo posto quale destinazione “più social d’Italia” ed al secondo posto quale offerta ricettiva con il gradimento più elevato da parte dei turisti/consumatori. “Cresce la voglia di vacanza consapevole – ha spiegato Raffaele Rio, presidente di Demoskopika – da parte del mercato nazionale e internazionale. La scelta della destinazione è sempre più condizionata da un flusso continuo di informazioni, positive o negative, condivise principalmente sul web. Per questo la reputazione online è fondamentale, e può fare davvero la differenza soprattutto dopo un periodo così difficile per il turismo, caratterizzato ora da una lenta ma costante ripresa”.La crescita del gradimento turistico si radica sulla combinazione di diversi fattori che vanno dal miglioramento dell’offerta alberghiera e ricettiva, anche sull’asse qualità – prezzo, dal confezionamento di proposte customerizzate sui diversi target di clientela, alla vivacità del mercato immobiliare, inteso come recupero e valorizzazione del patrimonio esistente, e, non ultimo, al sostegno delle realtà agricole e artigianali ed all’organizzazione di molteplici eventi di richiamo, anche a carattere continuativo e pluriennale. La sponda veronese, con il suo ufficioso +5 % di turisti sul 2019, sembra meglio interpretare l’evoluzione verso un sistema ad offerta Multipla e destagionalizzata: la Federalberghi Garda Veneto parla del 50% di strutture fruibili anche nel periodo invernale, sostenute dall’offerta di proposte ludico-culturali, rimarca la crescita degli investitori stranieri, tedeschi e austriaci, e italiani, in particolare altoatesini e lombardi, saluta il ritorno dei flussi da Oltre Manica, con un 12% di inglesi sul totale delle presenze. Si aggiungano poi i progetti di viabilità a tutti i livelli, dall’estensione delle piste ciclabili, alla costruzione del casello autostradale A4 di Castelnuovo del Garda, con il collegamento alla bretella per Affi, che si affianca al prossimo arrivo del treno ad alta velocità. Giocare di sponda è sfruttare l’effetto prodotto dall’urto della boccia delle buone pratiche su tutte le sponde del Benaco, un’unica enclave fra tre regioni che deve fare sistema per darsi prospettive di crescita sostenibile, partendo dalle comunità locali. Intervistato dalla stampa locale, il Sindaco di Bardolino racconta che “è in corso una riqualificazione dell’offerta turistica che vede al centro il wellness e anche il “turismo lento”, spesso cercato dal turista straniero: abbiamo cento chilometri di sentieri nell’entroterra e un progetto preliminare per collegare tra loro le ciclovie del Garda e del Sole”. Così anche il suo collega di Torri del Benaco: “il riordino del paese era fermo da venti anni: abbiamo cantieri aperti come quelli di Lido Bagni, del porto, della ciclopedonale e anche per la realizzazione di nuovi parcheggi, le strutture turistiche e le seconde case migliorano, cresce in generale la qualità di vita e di offerta turistica”.

Il punto nodale è questo: la crescita della qualità della vita. Ottimizzando gli investimenti per l’attrattività turistica e la ricchezza prodotta dai flussi di pernottamento e di passaggio, è possibile elevare il benessere dei residenti che potrebbero disporre di una più ampia offerta di servizi strutturali, commerciali e culturali. La viabilità potrebbe trovare soluzioni diversificate e sostenibili, potrebbero sorgere indirizzi scolastici a sostegno delle professioni vocate del territorio, le realtà museali ed espositive, pubbliche e private, potrebbero fare rete e aprirsi all’accoglienza serale, con eventi tematici, ludici ed enogastronomici. I centri storici accoglierebbero festosi il ripopolarsi delle vetrine polverose da lustri di serrate, le rinnovate tinteggiature su facciate scrostate dal tempo e dall’ignavia, la ricollocazione in spazi fruibili e luminosi dei servizi alla persona, l’appropriazione delle piazze e dei giardini da parte di un pubblico non pagante di suonatori, teatranti, produttori, artigiani, artisti e saltimbanchi. Insomma, in uno slogan: il nostro turismo, la nostra Vita.

ANNA DOLCI

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La cultura del Noi: tra Passione ed Impegno, Agri Coop Alto Garda Verde S.A. Onlussi racconta https://www.giornaledelgarda.info/la-cultura-del-noi-tra-passione-ed-impegno-agri-coop-alto-garda-verde-s-a-onlussi-racconta/ Mon, 03 Jul 2023 17:51:35 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=35888 “Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre.” 

José Saramago

Incontriamo Francesco Capuccini, rappresentante di AGRICOOP, attento e severo estimatore del territorio gardesano, grande appassionato di sport ed in particolare di vela, con importanti risultati e riconoscimenti ottenuti anche a livello dirigenziale.

Quanto conta essere radicati nel territorio per rappresentare una realtà Sociale ed imprenditoriale come Agri Coop Alto Garda Verde?

Conta sugli aspetti della motivazione, sul “perché si vuole fare”, specialmente nelle fasi di genesi di un Progetto. Abitiamo un territorio dalle caratteristiche peculiari e portiamo questa unicità nelle relazioni esterne, nella rete dei rapporti interpersonali: il commento di sottofondo degli interlocutori esterni è spesso «siete sempre in vacanza!» seguito da «peccato per la strada!», ma ci viene comunque riconosciuto come valore assoluto l’appartenere ad un luogo ricco di bellezza e di storia. Proprio lo stimolo al recupero delle nostre gloriose storiche radici agricole, ci ha animato quando, da ex studenti in cerca di una collocazione nel mondo del lavoro, sullo scorcio finale degli anni Settanta, tornavamo a specchiarci sulle rive del Garda. Ci interrogavamo sulla possibilità di investire il nostro giovane e vigoroso entusiasmo,nel ripristinare le attività di lustro del passato, attualizzando secoli, beneficiati da un’economia fiorente. Il nostro non era un mero orgoglio evocativo, ma una caparbia fiducia nel “si può fare” molto rafforzato dai pareri contrari di molti per cui era “impossibile fare” per raggiungere un riscontro economico futuro, radicandolo nelle vicende del passato. Allora come oggi, la chiave di volta è dare tempo ad un Progetto come ad una sorta di volano del motore: lavorando con passione alla fase di abbrivio, consente alle potenzialità del Progetto di raggiungere il giusto grado di maturazione.

Nella vostra presentazione, infatti, si legge: “Agri-Coop si inserisce in un solco profondo, scavato da migliaia di mani e tramandato da generazioni di agricoltori, con l’obiettivo di dare alla tradizione una struttura che possa valorizzarla sulla scena imprenditoriale del ventesimo secolo, senza però snaturarla e disperderla”. Come ci siete riusciti?

Concretizzando l’obiettivo in esperienza pratica. Iniziamo col dire che c’è molto interesse verso la nostra realtà. Già dai primi anni ’80 infatti, Agri-Coop ha iniziato a stipulare accordi con Enti ed Istituzioni. La prima Convenzione con il Comune di Brescia è del 1984 per la manutenzione del Verde Pubblico finalizzato all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Abbiamo affiancato l’attività di manutenzione del verde con altre attività, quale il vivaismo nel settore orticolo e poi floricolo. Dopo la gelata che danneggiò gli ulivi gardesani, tra il dicembre 1984 e il gennaio 1985, facemmo tesoro dell’esperienza sperimentale sotto l’egida della nostra Comunità Montana, e con l’ausilio del CNR di Perugia abbiamo fatto radicare talee di cultivar autoctone che abbiamo poi commercializzato presso gli olivicoltori. Abbiamo contribuito a porre un argine alla tendenza di sostituire gli impianti con materiale genetico di varietà proveniente da altri territori, mettendo a disposizione varietà di pregio come la nostra Casaliva, prodotto di mutazioni genetiche secolari e che contribuisce a donare caratteristiche organolettiche di pregiata personalità al nostro Olio Extravergine.

Nei corsi che organizzate con “This is Gargnano – Pro Loco Gargnano” e tenuti da suo fratello Oliviero, descrivete l’Ulivo come “l’albero più maltrattato”. Curiosa definizione. Perché?

Constatiamo con rammarico una diffusa gestione degli uliveti da parte di soggetti che non conoscono le basi del funzionamento organico delle piante.

Potature selvagge umiliano gli alberi e sacrificano alla cesoia l’equilibrio vitale fra Massa ed Energia che si sviluppa dalle foglie.Il carattere molto rustico ed iper-resiliente dell’Ulivo è concausa dell’infierire di vessazioni e maltrattamenti a cui la pianta cerca di reagire come può, ad esempio ripristinando rapidamente una disordinata chioma per rimettersi in equilibrio dopo una potatura aggressiva.Dobbiamo riprenderci il gusto e l’umiltà di osservare le piante, di studiarne il comportamento in natura per riconsiderare le modalità e le tempistiche dei nostri interventi. Spesso osserviamo una sorta di cinico comportamento che porta ad infierire con la motosega, nella fase primaverile del risveglio, quando la pianta sta pescando energia dai propri tessuti, dall’accumulo dei mesi precedenti.

Dobbiamo imparare ad accompagnare la crescita, attivandoci, se necessario, quando l’ulivo è energeticamente in grado di sostenere la potatura che non può mai eliminare quote consistenti dell’apparato fogliare esistente.L’osservazione paziente e lo studio costante ci consentono di conoscere i nostri ulivi nelle meravigliose differenze varietali. Prendiamo ad esempio il Gargnà (riprodotto dai nostri antenati spesso con la tecnica della gemmazione da polloni basali nel nostro territorio): dona un olio incredibilmente fruttato e di grande qualità.Questa varietà ha un portamento particolare molto assurgente, che non si riesce a convertire su fronde più domabili, fruttifica in modo molto alternante negli anni.Insomma, come fanno gli anarchici, ti entra nel cuore ma è sempre più difficile collocarlo stabilmente in uno scenario produttivo economicamente sostenibile.

Nel vostro cuore c’è un posto privilegiato per i Limoni. Nel dicembre 2022 è stato presentato a Gargnano il progetto “Il Garda delle limonaie” che si propone di salvare il patrimonio paesaggistico delle limonaie recuperandone la funzione agronomica. Come?

Si tratta di un progetto importante, sostenuto da un bando della Fondazione Cariplo, che coinvolge pubblico e privato.La Regione Lombardia ha concesso il riconoscimento della qualifica di PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Regione), al Limone (ed anche all’Arancio Amaro, al Cedro ed al Cappero del Garda).Per gestire al meglio l’attività di valorizzazione agronomica e di trasformazione del prodotto abbiamo costituito un Consorzio fra le Cooperative interessate a questa attività. Insieme alla nostra Agri-Coop abbiamo la Cooperativa Agricola Latteria Turnaria di Tignale e la Cooperativa Agricola Terre & Sapori di Gargnano. La nostra Cooperativa si occupa principalmente dell’attività produttiva e le altre Cooperative del Consorzio della delicata attività di Trasformazione del prodotto conferito.Non costruiamo rapporti solo con proprietà di Limonaie storiche rilevanti come quelle del Comune di Gargnano e del Comune di Toscolano o dei Conti Bettoni di Bogliaco, ma anche di altri proprietari di tutto l’Alto Garda Bresciano che contattiamo e con cui stipuliamo poi un accordo pluriennale di manutenzione ed impianto.Si procede poi a ripulire la Limonaia da eventuali rovi ed arbusti, a ripristinare le vie d’acqua, e piantumare con nostre varietà tradizionali.Viviamo in tempi di cambiamento climatico e l’allentamento delle rigidità invernali ci consente di abbandonare le tradizionali e costose strutture di ricovero in favore di “castelli” sviluppati attorno alle piante, riparate da fasciature di “tessuto non tessuto”. Dove è possibile, ristrutturiamo e ricostruiamo i “caselli” delle limonaie, antiche torrette per il deposito delle attrezzature, con funzione anche turistico-residenziale, valorizzando economicamente e paesaggisticamente il nostro territorio.La commercializzazione, anche on-line, della produzione avviene in Consorzio grazie alla Coop.va Latteria Turnaria di Tignale e la Coop.va Terre & Sapori di Gargnano, e riguarda confetture, estratti e derivati che, grazie alla Certificazione, consentono al consumatore di identificare l’origine della materia prima ed ai turisti di “portarsi a casa” profumo e sapore del nostro Territorio.

Fa piacere ascoltare il racconto di Francesco Capuccini, i cui tanti lustri di attività sul campo non ne hanno corroso la passione che si esprime nella generosità del tempo e delle argomentazioni.Prima di darci appuntamento ad un prossimo incontro, anche con altri storici alfieri Rappresentanti della Cooperativa e del Consorzio, riavvolge il nastro della storia a monte, quando la produzione degli agrumi gardesani è andata scomparendo. “Ritengo che l’origine del declino si possa circoscrivere principalmente alla scoperta dell’Acido Citrico (utilizzato come aroma e come conservante di cibi e bevande) da sintesi chimica, produrre la vitamina C senza limoni naturali, ha abbattuto sensibilmente la richiesta di Limoni. Si aggiungano fra le cause di decadenza della produzione le conseguenze dell’Unità d’Italia, che consentì l’abbattimento delle barriere doganali fra gli antichi Stati della penisola, ed il successivo impianto della rete ferroviaria che permetteva il rapido trasporto verso i mercati del nord d’Italia e d’Europa dei limoni, prodotti nel meridione, dove le più favorevoli condizioni climatiche consentivano di contenere i costi di produzione. Le malattie come la gommosi del limone non hanno fatto che accelerare un crepuscolo annunciato”.

Anna Dolci

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editoriale di primavera: RINASCERE La leggerezza operosa del germoglio https://www.giornaledelgarda.info/editoriale-di-primavera-rinascere-la-leggerezza-operosa-del-germoglio/ Mon, 10 Apr 2023 19:19:27 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=35696 Nessun uomo entra mai due volte nello stesso fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, ed egli non è lo stesso uomo. Eraclito

Di questi tempi aridi e soleggiati, l’invito a girovagare per prati e sentieri ci connette all’impulso primaverile delle piante. Una fra tante, la vite, ci insegna: ancora una volta, ha superato l’inospitale rigidità invernale spogliandosi del superfluo, massaggiando la propria linfa con lentezza esasperata, quasi letargica, mostrandosi senza vergogna nelle proprie contratture, nelle asperità nude dei tralci.
Ora, dalle ferite della potatura, stilla un fluido che la mano accudente del vignaiolo chiama “pianto”, lacrime linfatiche che accompagnano il risveglio delle radici e l’inturgidimento delle gemme. Ed è così che il germoglio prende forma, da una lenta e faticosa consapevolezza di un’urgenza che fa sbocciare dalla ferita. “C’è una crepa in ogni cosa – mormora Leonard Cohen – è così che entra la luce”. La crepa, la ferita, il pianto, la risalita radicale della linfa rimandano al mito della fenice che, al palesarsi dell’ombra della morte, si mette in cerca di un posto sicuro in cui prendersi cura di sé, un nido di “foglie di cassia, spighe di nardo fragrante, cannella sminuzzata e bionda mirra”. Il giaciglio odoroso è, allo stesso tempo, tomba e parto, sudario e vagito: la catarsi del fuoco incoraggia il cambiamento, la metamorfosi del lasciare andare, del disperdere ciò che è arso, del morire per tornare a vivere.  Carl Gustav Jung paragona la capacità di risorgere della fenice alla possibilità dell’individuo di rimettersi al mondo, di partorire sé stesso per iniziarsi a vita nuova. Oltre l’eccezionalità del trauma, oltre l’esperienza del dolore, oltre lo squarcio della ferita, l’inesorabile discesa della sabbia del tempo ci racconta che nulla resta identico a sé stesso. Il cambiamento è inevitabile ed irrinunciabile. L’albero di acacia è simbolo del legame tra soffio e materia, esprime la saggezza della rinascita, il passaggio dall’ignoranza alla conoscenza. Ci invita ad avvinghiarci ai suoi rami ogni qualvolta l’esigenza profonda di trasformazione entra in conflitto con l’istinto di conservazione, quando l’attesa del momento propizio ci spinge a trascurare l’unico istante favorevole che è qui e ora. Ci sprona ad agire nel presente, a desistere dalla tentazione dell’alibi, a riporre le croci con cui addossiamo al mondo le nostre manchevolezze. E ci spinge a tessere amorevoli alleanze per costruire camminamenti operosi, lastra dopo lastra, picchetto dopo picchetto, condividendo il respiro affannoso e il sorriso della conquista. Ripartiamo da qui, dal nostro nido bianco di fiori di acacia e di pagine intonse, per rinascere al sole di una nuova primavera
Anna Dolci

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ACQUA DEL GARDA https://www.giornaledelgarda.info/acqua-del-garda/ Thu, 30 Mar 2023 20:25:40 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=35685 La gestione idrica fa acqua da tutte le parti

Le inefficienze accumulate nel ciclo dell’acqua interferiscono con le principali questioni globali, dalla salute alla fame, dall’uguaglianza di genere al lavoro, dall’istruzione all’industria, dai disastri ambientali alla pace.

Il 22 marzo si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Acqua, ideata nel 1994 dalle Nazioni Unite, che è coincisa con l’avvio della Conferenza ONU sull’Acqua 2023: l’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite si è appellato ancora una volta ai decisori politici sul tema “Accelerare il cambiamento” per disinnescare la bomba climatica che minaccia la comunità globale. Il decennio in corso è cruciale, eppure è diffusa l’opinione che gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 saranno difficilmente traguardati. Quattro i rischi da temere, secondo gli esperti, anche per l’Italia: ondate di calore, siccità, crisi idrica e inondazioni. Già nei giorni scorsi il Centro comune di ricerca aveva avvertito che gli impatti della siccità sull’Italia settentrionale, la Francia e la Spagna sono visibili e preoccupano per l’approvvigionamento idrico per uso umano, l’agricoltura e la produzione di energia. E il Benaco è un sorvegliato speciale. Nel bacino gardesano ci sono 114,3 milioni di metri cubi di acqua. Il valore medio registrato nel mese di marzo tra il 2003 e il 2022 è di 333,6 milioni di metri cubi. Rispetto al limite massimo di acqua invasabile al suo interno, il lago di Garda è attualmente al 25%, al 34% rispetto alla sua portata media del mese di marzo. Una crisi idrica che non interessa solo la zona gardesana, ma l’intera Pianura Padana, quella food valley italiana dove ha origine quasi un terzo dell’agroalimentare made in Italy.  E con l’avvio ad aprile della stagione irrigua, la mancanza di precipitazioni – come rileva Coldiretti – sta condizionando le scelte delle aziende agricole che sostituiscono mais e riso con soia e frumento, mentre per le semine del riso si stima un taglio di 8mila ettari, al minimo dagli ultimi trent’anni. A monte del problema c’è la scarsità di precipitazioni nevose e piovose ad alta quota: il lago di Garda è alimentato principalmente dal fiume Sarca che a sua volta deve le acque al disgelo in montagna. A preoccupare è altresì la carenza di neve, il 53% in meno sull’arco alpino, secondo Legambiente. Il 21 marzo il governo ha annunciato il varo di una cabina regia e l’istituzione di un commissario straordinario fino al 31 dicembre 2023. La crisi idrica, già evidente lo scorso anno, rende indifferibile l’attuazione degli investimenti necessari per affrontare i cambiamenti climatici che passano dalla tutela quantitativa e dall’utilizzo razionale delle risorse idrica. Ci sono poi gli investimenti che dovrebbero arrivare attraverso i fondi del Pnrr per l’ammodernamento delle reti idriche: si parla di milioni di euro da destinare ad acquedotti e invasi ma i progetti sono fermi, nonostante il fischio delle sirene e lo strepito degli allarmi. Secondo le statistiche Istat, nel biennio 2020-2022 l’Italia è stata al primo posto in Europa per la quantità di acqua prelevata per uso potabile ma le perdite nella distribuzione continuano ad aumentare a causa delle condutture obsolete. La dispersione è molto più accentuata nel settore civile, con perdite del 45,3% e proprio le cattive condizioni delle reti spiegano l’affezione degli italiani per l’acqua minerale, un costume che pesa sulle tasche dei consumatori e sullo smaltimento della plastica. Il dato più eclatante riguarda gli acquedotti: si perdono in media 41,4 litri ogni 100 immessi nelle reti di distribuzione, per l’85% vecchie dai 30 ad oltre 50 anni. Il tasso nazionale di rinnovo è pari a 3,8 metri di condotte per ogni km di rete: significa che a questo ritmo occorrerebbero oltre 250 anni per sostituire l’intera rete, a fronte di investimenti attuali pari a circa 32-34 euro per abitante all’anno, quando la media europea è di circa 100 euro. A ciò si aggiunge che quasi 9 litri di pioggia su 10 che cadono lungo la penisola non vengono raccolti. L’Osservatorio CittàClima di Legambiente afferma che sono recuperabili 22 miliardi metri cubi acqua all’anno ma la sfida passa dalle comunità locali. Serve con urgenza una roadmap per l’Italia e per il Garda. Dove la siccità invernale ha portato in dote un evento singolare ed economicamente vantaggioso: l’istmo che collega l’isola di San Biagio alla terraferma di Manerba è riaffiorato completamente dall’acqua, con un rimbalzo pubblicitario sulle tv e sui social ed il richiamo di scie di turisti fuori stagione. Chissà se, oscillando sulle spiagge di pietrisco, si saranno chiesti il motivo di tanti gabbiani esanimi? O avranno assai più apprezzato le spianate cementizie delle passeggiate a lago che sacrificano alla comodità del passo lembi di spiaggia e di natura? Le questioni sovrabbondano, le risposte latitano.

ANNA DOLCI

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Marzo, il mese delle donne: LA MADRE TOTALE https://www.giornaledelgarda.info/marzo-il-mese-delle-donne-la-madre-totale/ Sat, 01 Mar 2014 07:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=11412 In principio era Gea. Che, come d’uso per le dive e le mondane, si faceva chiamare Gaia. “Dunque, per primo fu Caos, e poi Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti gli immortali che tengono la vetta nevosa d’Olimpo”, scriveva Esiodo nella Teogonia.

La Grande Madre – la Dea Madre sin dal Neolitico – è figura universale, l’archetipo del femminile, l’eterna fonte della vita, della totalità del cosmo.

Le veneri votive si fregiavano dei simboli della dea, semi, boccioli, germogli, uova, crisalidi e segni acquatici, a rappresentare il divenire e la rigenerazione. Nel culto del femminino, religione di acqua, di sangue e di latte, tutto partecipava all’eterno cerchio della nascita e rinascita attraverso un incessante processo di trasformazione, dove la generatività si poneva da mediatrice tra l’umano e il divino. Il serpente cosmico, l’Uroboros, resta uno dei più noti emblemi di quella perduta unità con il tutto che è il ricordo dell’utero materno. Lungo le generazioni, la Grande Dea si è manifestata in una fitta varietà di nomi e di virtù: Ishtar e Astarte, come Afrodite e Venere, reggevano le sorti dell’amore, Ecate badava alla fertilità delle donne, Artemide e Diana vigilavano sulla caccia, Demetra, Cerere, Persefone e Proserpina si adoperavano per la copiosità delle messi. Fagocitate dalle religioni patriarcali, ma non per questo dissoltesi nelle sabbie del tempo, Iside alata tende la mano all’anatolica Cibele – la Magna Mater dei romani – e alla persiana Anahita, l’immacolata vergine, madre del dio Mitra. Il potere della donna, simboleggiato in epoca medievale nel vaso femminile, il calice del Sacro Graal, era inteso non come dominio ma come capacità di illuminare e trasformare la coscienza umana, attraverso non solo la conoscenza e la saggezza, ma pure in forza della verità, dell’amore, della giustizia. La modernità ne colse l’ambivalenza, la duplice natura, positiva e negativa, creativa e distruttiva. Secondo Jung l’archetipo della Grande Madre è «la magica autorità del femminile, la saggezza e l’elevatezza spirituale che trascende i limiti dell’intelletto; ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l’istinto o l’impulso soccorrevole; ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l’abisso, il mondo dei morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia, l’ineluttabile». Un gioco di specchi riflette quindi l’immagine muliebre che, rimbalzando fino ai giorni nostri, si propone di volta in volta con i caratteri propri della donna e della femmina, della figlia e della madre, della moglie e dell’amante, della vergine e della puttana, dell’ancella e della guerriera. La strega ancora affascina e intimorisce, e non serve una Santa Inquisizione per appiccare i nuovi roghi che ne riducono a cenere la libertà. Basta uno sguardo inclemente del pensiero collettivo a mettere all’angolo l’ingegno creativo, finanche eversivo, delle donne sintonizzate sulle frequenze della Grande Madre. L’autorità, l’autodeterminazione, l’inventiva, la capacità di ripensare a una convivenza umana più giusta e solidale, sono prerogative di una femminilità che non garba ai soloni della tradizione. Sono le eroine del sacrificio e della misericordia a gremire della loro abnegazione le pagine e gli spartiti della cultura condivisa. “Vissi d’arte, vissi d’amore, non feci mai male ad anima viva! Con man furtiva quante miserie conobbi, aiutai”, s’arrovella la Tosca pucciniana nell’aria che la celebra. La rivoluzione tecnologica non ha mutato l’approccio patriarcale. Alle donne è chiesto e richiesto alla bisogna di fare un passo avanti o di fare un passo indietro, di comprendere e di giustificare, di accudire e di consolare, di accogliere e di accettare. E chi presenta il conto è sovente di altro sesso e di altra sensibilità. Eterni figli che invocano mamme nella famiglia, nel lavoro, nella politica, nei letti e sugli altari. Le madonne nere, le divinità delle rogge, le valchirie e le figlie di Eva necessitano di uomini svezzati, diversi e speculari, maschi e signori, per inventarsi e reinventare ogni giorno un mondo nuovo. La Madre Terra.

Di: Anna Dolci, marzo 2011

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PRESEPI INTORNO AL GARDA https://www.giornaledelgarda.info/presepi-intorno-al-garda/ Tue, 10 Dec 2013 07:00:45 +0000 http://www.giornaledelgarda.info//?p=9243 PRESEPIO MECCANICO DI MANERBA

Si chiamano “amici di San Bernardo” ma sono gli amici dei tanti visitatori che da più di tre lustri convergono nell’antica chiesa di San Giovanni – retaggio dei Cavalieri di Malta – a stupirsi innanzi alla perizia e all’inventiva di un lavoro artigiano e corale dal nome di Presepe Meccanico di Manerba. Duecento metri quadri di superficie che assecondano il movimento di cinquecento statuette, governate da un reticolo sotterraneo di motorini e pompe idrauliche. Come non intenerirsi nel rimirare i bambini issati sulle punte delle scarpe che, ad occhi sgranati, additano il movimento dei ragazzi appresso al palo della cuccagna, il vescovo che fa capolino dalla navata della chiesa, i fuochi d’artificio, la successione di luce e di tenebra sui paesaggi desertici e montani, collinari e agresti? Per alleviare l’attesa dell’ingresso i piccoli possono distrarsi sulla giostra e sul gonfiabile di Natale, mentre ai più grandi è dato di gustare l’ottimo vin brulé offerto con garbo e con un aperto sorriso, in linea con la dolcezza della festa. www.amicidisanbernardo.it

GAVARDO , LA CAPITALE DEL PRESEPIO

Nella penombra dell’imbrunire l’antico mulino di Gavardo rimanda sensazioni rarefatte di un tempo lento e lieve. Il fiume che lambisce il villaggio del tardo Ottocento intento a manutenere il ricordo degli antichi mestieri mormora la ninna nanna a Gesù Bambino, adagiato nella bambagia d’amore della stalla. Nato nel 2003, il Presepio Vivente di Gavardo si avvale dell’impegno volontario di molteplici figuranti e allestitori accomunati dal desiderio che “il pensiero della buona novella sia sempre attuale”. Non meno organizzati e prolifici i sodali del borgo del Quadrel, uniti sotto lo stemma del gonfalone e raccolti tra i resti della fornace Ferretti, che ogni anno allestiscono un suggestivo presepe di 360 mq. Paesaggi minuziosi nella ricostruzione e opulenti di particolari vengono offerti alla meraviglia dei visitatori. La magia si fa totale con i musicanti della Stella che, sotto i loro corvini pastrani, allietano l’atmosfera con le armonie della tradizione. Castagne e vin brule’ completano l’offerta di una festa che la capitale d’ingresso della Valle Sabbia interpreta con letizia. www.amicidelpresepevivente.it www.borgodelquadrel.it

PRESEPIO GALLEGGIANTE a DESENZANO

Gli Amici del Porto Vecchio propongono come ogni anno l’appuntamento natalizio con il suggestivo “Presepe Galleggiante”, allestito con i vecchi manichini restaurati e rivestiti alla foggia dei protagonisti della Natività. L’evento più emozionante si compie alla vigilia di Natale, con la deposizione subacquea di Gesù Bambino nella mangiatoia. Dopo aver superato il Ponte Vecchio, i sommozzatori si apprestano a compiere con deferenza il tradizionale gesto nel loro ambiente d’elezione, l’acqua, in un matrimonio simbolico fra piazza e lago, fra Dio e le sue creature. I visitatori, dal pomeriggio, sono allietati dall’offerta di vin brulé, cioccolata calda, panettone e castagne, a riscaldare i palati intirizziti .

PRESEPIO SUBACQUEO A  PESCHIERA

Dai primi giorni di dicembre all’Epifania, il “Presepio del Lago” si fa rimirare dal Ponte San Giovanni che collega l’elegante centro storico alla fortezza di Peschiera. La manutenzione e la posa delle ventisei figure ad altezza d’uomo inizia con i primi freddi d’autunno e si completa alle ore 18 della vigilia di Natale, con il corteo natante dei pastori e della Sacra Famiglia tra i flutti del Canale di Mezzo illuminato a festa. La deposizione di Gesù Bambino ad opera dei sommozzatori è accompagnata da figuranti e dai più piccoli fra i cittadini sulle melodie tradizionali del canto della Stella, in una festa lacustre che dal 1980 si perpetua ad ogni appuntamento natalizio. Lo spettacolo si fa ancor più scintillante quando calano le luci della sera e le sacre figure s’illuminano nel punto di confluenza delle acque del Garda che si reinventa una nuova vita sotto il nome di fiume Mincio. Componendo il numero telefonico che è ancorato ben in vista sulla ringhiera del ponte, si attiva nell’abisso uno scenografico gioco di luci in dialogo con la superficie rischiarata dalle luminarie del borgo.

PRESEPIO VIVENTE a CASTIGLIONE

Il Presepe vivente di Castiglione delle Stiviere è di tradizione recente, nasce nel 2008, ma non per questo si è lasciato intimorire dai più sperimentati capisaldi dei dintorni. Con i suoi bracieri sfavillanti di calore, la ruota del mulino a rappresentare la ciclicità della Vita, l’acqua e il fuoco necessari al fabbro come al fornaio, con i suoi dettagli di quotidianità che aprono la strada alla straordinarietà della Sacra Famiglia, il presepe si è da subito contraddistinto per la grande affluenza di pubblico, con punte di oltre tremila visitatori. La buona riuscita della rappresentazione, a cura dei volontari del Centro parrocchiale “Il Castello”, è da ricercarsi nello sforzo e nell’impegno profusi dai cittadini e volontari, tra cui gli oltre cento figuranti, che accolgono i visitatori nei giorni intorno a Natale e all’Epifania, con i Re Magi, in corteo dal Duomo al Castello, e la consegna ai bambini dell’arancia benedetta. La scena è suggestiva, con i mestieri e gli armenti, nella tipica iconografia del Natale tra gli uomini.

PRESEPIO STORICO A SALO’

Il camminamento a piè di lago che lambisce il cuore storico di Salò è un anticipo di Natale ad ogni mese dell’anno. Ridona pace all’anima e agli occhi, rigenera, ritempra, consola dalle storture del quotidiano, illumina la notte con la sua scia di luce. Nel tempo natalizio si affolla di piedi, di mani, di cuori solitari o accompagnati, di passeggini e di amici a quattro zampe. Tutti alla conquista di un attimo di grazia, nella ricerca di un ninnolo, di un indumento, di un dolcetto, di un segno d’affetto per se stessi e per i propri cari. E di una parentesi fra il ludico e l’arcano nella rappresentazioni artistiche della Natività. La consuetudine con il Grande Presepio Storico, a cura dell’Associazione Volontari del Garda, e con il presepe del lungolago Zanardelli accompagna i visitatori entro il mistero dell’incarnazione di Gesù, tra borghi di compensato e cartapesta.

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Il tartufo: un tesoro nascosto con particolari poteri quasi magici https://www.giornaledelgarda.info/il-tartufo-e-un-tesoro-nascosto-anche-sul-garda/ Wed, 20 Nov 2013 08:00:35 +0000 http://www.giornaledelgarda.info//?p=9222 Celato ai passanti, agli ignari, ai distratti. Come un santuario ipogeo. Come la Grotta della comunità ortodossa di Catania. Come il tempio della Notte nel parco milanese di Villa Ottolenghi-Battyani-Finzi. Come il Mitreo di san Clemente a Roma. Il tartufo è un tesoro nascosto, misterioso, a suo modo magico. Sant’Ambrogio ringraziò san Felice, primo vescovo di Como, per l’omaggio dei suoi tartufi d’una grandezza stupefacente. E’ il “figlio della terra” per Cicerone, “callosità della zolla e miracolo della natura” per Plinio il Vecchio. “Aglio del ricco” per gli antichi europei, “mistero poetico del mondo gastronomico” per Mantegazza e “diamante della cucina” per Brillat Savarin. Alessandro Dumas la butta in barocco con la definizione di “Sancta Santorum della tavola”. Lord Byron ornava la scrivania con un esemplare di pregio affinché il profumo ne destasse la creatività mentre Camillo Benso di Cavour utilizzava sovente il tartufo come mezzo di scambio nell’affondo diplomatico.
Shakespeare ne “La tempesta” fa dire al buffone Trinculo: “Te ne prego lascia che ti conduca al pometo selvatico e colle mie lunghe unghia scaverò la terra per cavarne tartufi”. Per i greci è Hydnon, per i latini
Tuber, per gli arabi Ramech Alchamech Tufus, per gli spagnoli Turma de tierra, per i francesi Truffe, per gli inglesi Truffle e per i tedeschi Truffel. Per Gioachino Rossini era un’autentica passione, caldeggiata dall’amico e fornitore Giovanni Vitali di Offida a cui confidava: “La tartufa ascolana mi ha ringalluzzito e rimbaldanzito”. Tra le righe della sua corrispondenza, i sentori pungenti di un amore sconfinato. “Ho pianto tre volte nella mia vita: quando mi fischiarono la prima opera, quando sentii suonare Paganini e quando mi cadde in acqua, durante una gita in barca, un tacchino farcito ai tartufi”. E lasciata nel cantone la partitura dello Stabat Mater, scriveva agli amici: “Sto cercando motivi musicali, ma non mi vengono in mente che pasticci, tartufi e cose simili”. Amalgamatore di note e d’ingredienti, con inedite variazioni sul tema e sull’impiego del “Mozart dei funghi”, così ce lo rappresenta Fulbert Dumonteuil: “Fu allora che comparve Rossini che, con la sua delicata
mano grassottella, scelse una siringa d’argento! La riempì di puré di tartufi e, con
 pazienza, iniettò in ciascun rotolo di pasta
questa salsa incomparabile. Poi, sistemata
la pasta in una casseruola come un bambino
nella culla, i maccheroni finirono la
cottura tra vapori che stordivano. Rossini
restò là, immobile, affascinato, sorvegliando 
il suo piatto favorito e ascoltando il mormorio
dei cari maccheroni come se prestasse
 orecchio alle note armoniose della Divina
Commedia”. Uno stravolgimento culturale 
se si pensa che nel Medioevo il tartufo nero
era considerato nocivo, sterco del diavolo,
 escrescenza maligna del terreno, cibo da
 streghe, oggetto di malefizi. Nel Trecento si
 fece un gran parlare del duca di Clarence, 
figlio di Edoardo III Plantageneto, che ad
 Alba s’abbandonò a libagioni così sontuose
e tartufate da morirci: “Grande copia di
 trifole havendo manducato per modo di 
pane, volse con vini diversi donare refrigerio 
alle interiora, hautene un forte calore
que lo addusse a trapasso”. Dopo lo sfarzo
 delle corti e delle tavole rinascimentali, 
toccò al Seicento francese di Jean-Baptiste
Poquelin, ai più noto con lo pseudonimo di
 Molière, sancire l’ingresso sul palcoscenico
del prezioso fungo. Dal teatro alla strada il
“Tartufe” fu sinonimo d’ipocrisia e d’impostura,
stigmatizzando il suo aspetto grezzo e
terroso nel contraltare di un sofisticato profumo. 
La convinzione luciferina di Brillant
Savarin che “i tartufi rendono le donne più
 tenere e gli uomini più intraprendenti” non 
è da considerarsi del tutto pellegrina. Ben lo
 sapevano i romani che conoscevano i tartufi
 di Libia e ne erano sommamente ghiotti. Se
 Avicenna sosteneva “che generano umori 
atrabiliari e grassi, e son causa di apoplessia
e di paralisi”, il Platina è di ben altra
 opinione: “E’ questo un cibo molto nutriente 
come crede anche Galeno, ed è un eccitante 
della lussuria. Perciò vien servito spesso 
nei pruriginosi banchetti di uomini ricchi e
 raffinatissimi che desiderano essere molto
 preparati ai piaceri di Venere”. Infatti tra
 le componenti del tartufo figurano, in bassa
 concentrazione, sostanze simili al testosterone,
 associate a composti d’aroma muschiato.
 Nel suo olezzo si spiega buona parte della chimica sottostante all’accoppiamento fra i 
maiali. Che non è poi così distante dall’azione 
dei feromoni, sostanze steroidee odorose
 della secrezione ascellare maschile, nel
 concupire le femmine al fine di riprodurre
al meglio la specie umana. Igor Stravinsky  
individuava un parallelismo fra l’utilizzo 
selettivo dell’olfatto e la creatività artistica:
“Abbiamo un naso. Il naso sente l’odore
e sceglie. Un artista è semplicemente una
 specie di maiale che cerca tartufi”. Doveva
pensarla così anche l’albergatore e ristoratore
Giacomo Morra quando nel 1929 mise in
campo il primo tentativo di pubblicizzare il
tartufo nella già consacrata Fiera d’Alba e 
nelle feste vendemmiali delle Langhe, intuendo 
l’opportunità di sublimare il Tuber in 
un oggetto di culto internazionale. Nel 1949 
donò il miglior esemplare dell’annata alla
celebre attrice Rita Hayworth. Dopo di lei,
 altri beneficiarono dell’ambito riconoscimento,
 tra cui Harry Truman nel 1951, Winston 
Churchill nel 1953, Joe Di Maggio e Marylin 
Monroe nel 1954, l’imperatore d’Etiopia
 Hail è Selassiè nel 1955, Eisenhower e Nikita
Krusciov nel 1959, Paolo VI nel 1965. Chissà 
se Papa Montini conosceva anche i tartufi
 della sua provincia bresciana?!

 

Raccolta sul Garda

Nelle Valli la raccolta era praticata fin dal Quattrocento, mentre sul Garda il fenomeno prendeva piede nel tardo Ottocento. La produzione spontanea andava di pari passo con il rigoglio vegetativo delle colline ombrose di carpini neri, di roverelle, di noccioli, di lecci, di tigli, di pioppi, salici e faggi. L’uso e l’abuso della risorsa naturale nell’incedere dei lustri ha giocato a rovesciare il credo di Plinio il Vecchio: “Il tartufo sta tra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”. Gli impianti di Toscolano Maderno, di Tignale e di Tremosine, di Roe’ Volciano e di Pertica Alta hanno infatti diffuso con successo la tartuficoltura sul Garda e in Valle Sabbia. Dal 1996 è inoltre attiva l’Associazione Tartufai bresciani – come da attuale denominazione – che conta oltre 400 iscritti ed è presieduta da Virgilio Vezzola, studioso, ricercatore e autore di autorevoli volumi. Una passione che non è solo lavoro ma anche tutela del patrimonio biologico della plaga lacustre. Si pensi al recente salvataggio del “tartufo nero pregiato di Salò”, annidatosi tra le roverelle di Renzano e di San Bartolomeo e scomparso per cause accidentali. La cura e la selezione del ceppo per la micorrizazione di altre piante hanno salvato la specie autoctona dall’estinzione. Una lezione di tutela e di dedizione che andrebbe estesa ad ogni lembo e ambito di quel fragile e meraviglioso ecosistema che è la  regione gardesana.

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IL TARTUFO DEL GARDA https://www.giornaledelgarda.info/il-tartufo-del-garda/ Sat, 01 Dec 2012 14:27:53 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=12852 Raccolta sul Garda

Nelle Valli la raccolta era praticata fin dal Quattrocento, mentre sul Garda il fenomeno prendeva piede nel tardo Ottocento. La produzione spontanea andava di pari passo con il rigoglio vegetativo delle colline ombrose di carpini neri, di roverelle, di noccioli, di lecci, di tigli, di pioppi, salici e faggi. L’uso e l’abuso della risorsa naturale nell’incedere dei lustri ha giocato a rovesciare il credo di Plinio il Vecchio: “Il tartufo sta tra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”. Gli impianti di Toscolano Maderno, di Tignale e di Tremosine, di Roe’ Volciano e di Pertica Alta hanno infatti diffuso con successo la tartuficoltura sul Garda e in Valle Sabbia. Dal 1996 è inoltre attiva l’Associazione Tartufai bresciani – come da attuale denominazione – che conta oltre 400 iscritti ed è presieduta da Virgilio Vezzola, studioso, ricercatore e autore di autorevoli volumi. Una passione che non è solo lavoro ma anche tutela del patrimonio biologico della plaga lacustre. Si pensi al recente salvataggio del “tartufo nero pregiato di Salò”, annidatosi tra le roverelle di Renzano e di San Bartolomeo e scomparso per cause accidentali. La cura e la selezione del ceppo per la micorrizazione di altre piante hanno salvato la specie autoctona dall’estinzione. Una lezione di tutela e di dedizione che andrebbe estesa ad ogni lembo e ambito di quel fragile e meraviglioso ecosistema che è la  regione gardesana.

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Gardone Riviera (Bs): Bandiera blu 2011 https://www.giornaledelgarda.info/gardone-riviera-bandiera-blu/ Thu, 14 Jul 2011 14:23:44 +0000 http://www.giornaledelgarda.info//?p=40 Gardone Riviera unica Bandiera blu 2011 della Lombardia. Per la sponda veronese: Peschiera, Bardolino, Lazise e Castelnuovo tutte idonee alla balneazione

E’ tempo di grande spolvero per Gardone Riviera, città-giardino dal fascino decadente e mai del tutto decaduto, da autentica borghese, ricercata e vezzosa nella sua maturità opulenta, fatta di curve sinuose e di chiome verdeggianti. Dopo la riapertura della maestosa Villa Alba e le rinnovate malie del Vittoriale di Giordano Bruni Guerri – parco fra i più belli d’Italia – Gardone Riviera è stata insignita dell’eco-label Bandiera blu, riconoscimento internazionale istituito nel 1987 – anno europeo dell’Ambiente – dalla Fondazione per l’educazione ambientale che premia le località turistico-balneari dalle acque più salubri e dalle sensibilità più affinate alla gestione sostenibile del territorio.

Dopo Sirmione nel 2007, Gardone Riviera è la seconda cittadina gardesana a fregiarsi dell’ambito marchio, unica località lombarda fra le 125 premiate nel 2011 in Italia. Con il blu della Fee, la municipalità gardonese amplia la tavolozza dei colori d’eccellenza, dove già spiccano l’arancione e il verde delle bandiere del Touring Club Italiano e della Confederazione Italiana Agricoltori, a riprova di come le politiche per la valorizzazione del patrimonio ambientale, storico e culturale costituiscano un valore aggiunto nella lotta quotidiana per la canalizzazione dei flussi turistici. Se le presenze 2010 sulla sponda bresciana del Garda si sono attestate attorno ai 6,3 milioni, di cui tre quarti straniere, le previsioni per l’anno in corso lasciano ben sperare in un “tutto esaurito”, almeno nei mesi centrali della sempre troppo breve stagione estiva. Complici non solo la ritrovata espansione economica della Germania e le turbolenze politiche del nord Africa, ma pure la

massa di moneta promozionale stanziata dal ministero del Turismo – 3,1 milioni di euro – a beneficio dell’intero bacino benacense. Nel paiolo degli investimenti pubblicitari sono confluiti anche i denari della Regione Lombardia (855 mila euro), della Provincia di Trento (630 mila euro) e della Regione Veneto (255 mila), allo scopo di innalzare il numero dei turisti dai 18 milioni del 2010 a più di 20 milioni. Tanto per rimbalzare fra le cifre, il dato previsionale stima in 61 miliardi di euro la spesa complessiva in viaggi dei tedeschi, valutando una percentuale di crescita del 3,3% e un terzo posto nell’indice di gradimento teutonico sulle mete turistiche per l’anno in corso. Un business che per l’Italia vale 5,3 miliardi di euro e la possibilità di una riqualificazione generale dell’offerta turistica che necessita da tempo di un’agenda condivisa e stringente. Tra le iniziative volte ad allargare la base di consenso turistico sulla regione gardesana – si pensi al potenziamento dell’aeroporto Catullo e al ritiro precampionato del Bayern Monaco a Riva del Garda – l’inaugurazione con il ministro Brambilla della “Bau beach” di Peschiera merita una particolare considerazione. La spiaggia, destinata agli animali domestici e ai loro umani proprietari, si assume il compito di diffondere fra gli operatori turistici una cultura animal friendly, in grado di tramutare un chiassoso cagnolino in una fonte di guadagno. Lo screening costante della balneabilità dei lidi lacustri di certo suscita meno curiosità delle iniziative da brochure ma la valenza in termini di efficacia sull’immagine turistica del Garda resta d’impari confronto. Non è sempre noto che nei 125 punti di prelievo, oltre alle rilevazioni di carattere ambientale e visivo, l’acqua viene sottopostaquantomeno mensilmente al controllobatteriologico, per l’individuazione della presenza di Enterococchi intestinali e del famigerato Escherichia coli che tanto impazza nelle cronache di questi giorni. Non è quindi notizia di poco conto la conferma a maggio dell’ideoneità alla balneazione di tutte le località benacensi campionate, tra cui le venete Bardolino, Lazise, Castelnuovo e Peschiera, in un promettente sventolìo di bandierine blu targate ARPAV. Se le spiagge gardesane si fanno pertanto più accoglienti e le acque antistanti più pulite, un occhio di riguardo andrebbe riservato anche al residente-tipo, all’autoctono del Garda, all’indigeno benacense. Che, con la bella stagione, annota il moltiplicarsi dei transiti e degli ingorghi automobilistici, il proliferare delle postazioni per la rilevazione delle infrazioni al codice della strada, il rincaro dei prezzi al consumo. Non resta che augurarci che la prossima bandiera assegnata al Garda sia multicolore. Per un lago davvero friendly con tutti.

Anna Dolci

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Moniga del Garda (Bs) 4,5 giugno 2011 ITALIA IN ROSA https://www.giornaledelgarda.info/moniga-del-garda-bs-45-giugno-2011-italia-in-rosa/ Thu, 02 Jun 2011 16:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=17689 Torna a Moniga del Garda la rassegna del Chiaretto e dei vini rosati

Villa Bertanzi, seicentesca dimora d’alto rango, è la quinta ideale di una rassegna che è giunta alla sua quarta edizione per annunciare urbi et orbi la modernità della felice intuizione del senatore veneziano Pompeo Molmenti che – sul crinale del secolo breve – fra gli affreschi degli ambienti e i fusti secolari del parco, portò a compimento la nozione di Chiaretto di Moniga “ad alzata di cappello”, vino docile e vivace nella sua elegante livrea rosata. Avviata sotto l’egida dell’impareggiabile comunicatore Angelo Peretti, la vetrina di “Italia in Rosa” si apre sui rosati e i rosé di ogni parte d’Italia, con una nicchia del tutto nuova riservata ai vini esteri. I padroni di casa si contendono invece il Trofeo Molmenti per il miglior Chiaretto, in attesa della prossima festa di San Valentino, quando gli innamorati del rosato potranno degustare la nuova DOC Valtenesi Chiaretto, grazie alla fresca introduzione del nuovo disciplinare. La denominazione di un micro-territorio di pregio ha conquistato infatti la 23a DOC lombarda che è stata tenuta a battesimo a Verona, nell’ambito del trascorso Vinitaly. Si dice Valtenesi ma si legge Groppello, varietà simbolo di questa sponda di lago, che nella nuova DOC fa la parte del leone, improntando della sua tipicità la sintesi liquida di un territorio. Se il mercato, in cauta ripresa, volge uno sguardo ammiccante alla produzione dei rosati, anche Moniga s’interroga sulle specifiche peculiarità del prodotto e sugli spazi commerciali disponibili alla sua più larga diffusione. Con “Pensa in Rosa” di domenica 5 giugno, la vecchia conoscenza del giornalismo gardesano Tullio Ferro s’intrattiene con gli esperti Daniele Cernilli e Rocco di Stefano, in un dialogo che vuole essere riflessione ma anche esortazione al pensiero positivo. Che sia tra i banchi d’assaggio della rassegna o anche ai tavoli dei ristoranti che hanno aderito alla manifestazione, l’imperativo di Moniga è quindi bere rosato. Chissà che l’orizzonte torni a farsi più roseo.

ITALIA IN ROSA Villa Bertanzi, Moniga del Garda 4 – 5 giugno 2011 INFO tel. 3469732902 Ingresso euro 10 (5 euro per i soci ONAV AIS FISAR) www.italiainrosa.it

Di: Anna Dolci

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Gargnano (Bs) IL GIARDINO DI DELIZIA https://www.giornaledelgarda.info/gargnano-bs-il-giardino-di-delizia/ Mon, 02 May 2011 16:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=11833 Bogliaco, perla incastonata nella corona di falesia e d’acqua dell’Alto Lago, mette da parte la tradizionale ritrosia dei bresciani d’influsso trentino e si fa messaggera dell’esordio e del commiato della stagione turistica in quel pezzo di paradiso che è il Garda d’occidente. Se le vele del Gorla e della Centomiglia sventolano come fazzoletti d’addio alle esuberanze estive, Il Giardino di Delizia nel mese di maggio apre le porte ai colori e ai profumi di primavera. Lo scenario prospettico di palazzo Bettoni-Cazzago, solitamente austero nella sua barocca magnificenza, s’ingentilisce di fiori e di frutti che s’intrecciano alla moda del Rinascimento, instradando i visitatori verso i percorsi più suggestivi tra le anse del parco. Se di delizia si parla, è la sinestesia dei piaceri a fare da guida. La vista si appaga delle vezzosità dei roseti e delle zagare, delle ninfee, degli iris e delle peonie che si contendono lo sguardo nel gioco di colore d’una tela divisionista. Il tatto si struscia sulle balaustre usurate dal tocco nobile del tempo e si fa leva per affacciarsi sulla quinta del lago, come se la residenza fosse solo ormeggiata e pronta a ripartire al primo incedere di vento. L’udito si gode del brusio degli avventori, chinati sulle parate vivaci di cappelli fioriti, di bulbi poliformi, di curiosi manufatti e di terracotte festonate, pronti a contendersi le varietà più estrose di salvia e di lavanda. E qui entra in scena il naso, che gioca a rimpiattino con gli odori di verzura, di orto e di giardino, di siepe e sottobosco, con i profumi fioriti che cedono alla nota acre dell’onda lacustre. Ma, nel rigoglio aulico degli scaloni e delle grotte, la gola trova rifugio nel dolce delle leccornie in terrazza e nel salato dei taglieri dell’antica cantina, spuntini golosi da gustarsi nei cantoni d’ombra e nel blu da pieno cielo. E, per i ghiottoni rimasti a casa, è d’obbligo colmare i canestri dell’olio benacense, accompagnato da vasetti casalinghi di conserve e marmellate, con tanto d’ampolle di limoncello autoctono e distillati di genziana e di ginepro, per chiudere al meglio i convivi serali. Ma il giardino offre anche angoli di tenerezza, con gli animali da cortile a incuriosire i bambini di ogni età, e spezzoni di tradizione, con la vecchia limonaia rimessa a nuovo, a presidio di una storia che tanto ha in comune con i fasti veneziani, e l’uliveto di collina, sfuggito alle brame architettoniche del fiorentino Pierallini. Sotto i ponti che collegano il giardino alla facciata fronte lago del palazzo, scorre inesorabile la Gardesana, una delle più incantevoli strade d’Italia, che D’Annunzio, nei suoi voli di fantasia, ribattezzò Meandro. Il regno del Bello che, come nelle fiabe, sa pure di Buono.

Info: I Giardino di Delizia, Palazzo Bettoni Cazzago, Bogliaco di Gargnano  

Per l’anno 2014 non è stata comunicata  alcuna data della manifestazione che potrebbe essere stata sospesa. pertanto si indirizzano i lettori al sito della manifestazione www.ilgiardinodidelizia.it

Di: Anna Dolci

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L’OLIO DEL GARDA La nuova generazione della tutela https://www.giornaledelgarda.info/lolio-del-garda-la-nuova-generazione-della-tutela/ Fri, 01 Apr 2011 16:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=18405 Si fa tanto parlare di territorio. Di tutela. Di tradizione. L’olio extravergine che sgorga dai frantoi gardesani non ha bisogno della retorica da propaganda. Insieme al vino di Riviera, è l’ambasciatore della gardesanità, di uno stile di vita che è dato praticare unicamente sulle sponde del Benaco, nei borghi dominati dagli antichi castelli, fra le Pievi e le preziose cappelle votive, fra i giardini delle ville del buen retiro mitteleuropeo e i sentieri dai sentori mediterranei delle zone umide e boschive.

Gesti arcaici e secolari saperi sono giunti fino ai giorni nostri per celebrare, anno dopo anno, l’attimo eterno in cui l’oliva sacrifica se stessa per cedere all’uomo il suo fluido dorato, quel pregiato nutrimento che impreziosisce le tavole fin dalle età più remote. Iconema della produzione agricola d’antichità, celebrato per le virtù nutrizionali, i poteri medicamentosi, la simbologia mitologica e religiosa, l’olio extravergine d’oliva incarna l’identità della comunità benacense che sa innovarsi con mestiere e costanza per rispondere alle esigenze della contemporaneità. Bene lo sanno i soci del Consorzio olio Dop Garda che hanno sfidato la gerontocrazia latente di buona parte dei distretti produttivi e hanno affidato la guida del loro sodalizio al giovane imprenditore agricolo Andrea Bertazzi. Intervista a Andrea Bertazzi, Presidente del Consorzio olio Dop Garda. Il 14 aprile 2008 il Consorzio di Tutela Olio Extra Vergine di Oliva Dop Garda delle provincie di Brescia, Trento, Mantova e Verona la nomina Presidente, incarico riconfermato nel maggio 2010. Come interpreta la vocazione consortile al sostegno e alla valorizzazione dell’olivicoltura d’eccellenza?L’incarico di presidente del Consorzio Olio Garda Dop è una grande responsabilità oltre che un’importante scuola di formazione. Lavoro con passione e umiltà, sapendo di rappresentare i tanti produttori che mi hanno dato fiducia e a cui devo render conto nel percorso di valorizzazione ed efficace difesa del loro prodotto, ovvero ciò in cui credono e su cui investono. L’importante è avere chiaro l’obiettivo e impegnarsi a fondo per raggiungerlo attraverso scelte condivise che procurino vantaggio a tutti i produttori, a partire dalla divulgazione culturale sulle caratteristiche di qualità e sull’utilizzo dell’olio gardesano, fino alla sostenibilità economica delle aziende agricole e alla preservazione del paesaggio tipico, elemento fondamentale per lo sviluppo turistico. Il Consorzio deve essere strumento d’informazione e d’indagine sulle potenzialità dei mercati nazionali ed esteri, di confronto con le altre associazioni e realtà olivicole, di dibattito per cogliere spunti e suggerimenti utili e preziosi.” Quando si parla di Olio Extra Vergine di Oliva Dop Garda ci si riferisce a una denominazione di origine protetta che abbraccia tre regioni e quattro province. La visione unitaria è propedeutica alla tutela di un alimento particolarmente apprezzato dai consumatori. Quali sono i controlli imposti dal marchio DOP?Il disciplinare di produzione è la carta fondamentale del produttore di olio DOP. I controlli vengono applicati su tutto il ciclo produttivo, dal campo fino all’imbottigliamento e alla commercializzazione. Il CSQA è l’organismo di controllo per la certificazione; poi, immesso il prodotto sul mercato, le verifiche sono svolte dal ICQ, dall’Ispettorato Repressione Frodi e dall’Agente Vigilatore del consorzio autorizzato dal Mipaff che ha il dovere di segnalare eventuali scorrettezze e frodi all’autorità competente.” Lei si è battuto per la valorizzazione della denominazione locale rispetto al nuovo marchio «100% Italian olive oil». Può spiegarne i vantaggi? Il Garda ha una produzione limitata di olive e di olio rispetto ad altre zone di produzione più estese che potrebbero trovare giovamento da questo nuovo marchio. Viceversa creare sul Garda una filiera parallela alla DOP risulta controproducente e genera confusione nel consumatore. La scelta di campo non può prescindere dalla valutazione di un modello vincente per la nostra realtà produttiva. Si calcoli la fortuna di avere una denominazione legata a un territorio importante e conosciuto come il Garda che rappresenta un volano per la vendita. E si tenga conto dello sforzo compiuto in questi anni dai produttori che hanno creduto nella DOP e hanno tracciato e poi lastricato una strada ben definita: sarebbe un grave errore non seguirla. E poi ci si chieda: come può un olivicoltore benacense guadagnare più o meno 4 euro al chilo per l’olio “100% Italiano” quando i costi di produzione sul Garda sono molto più alti? Se si calcola il costo di potatura, trinciatura, raccolta -prevalentemente a mano – e molitura, nonché l’utilizzo di manodopera regolarmente assunta, l’olio del Garda non può costare all’ingrosso meno di euro 9.50 – 10.00/Kg. Casaliva, Pendolino, Leccino, Moraiolo, Gargnà. Quali sono le carte vincenti che le varietà gardesane possono giocarsi sui mercati interni ed esteri?Produrre olio con queste varietà di olive, in purezza o in miscela, è una scelta aziendale e commerciale. Ciò che fa la differenza è il valore aggiunto della garanzia di certificazione “Garda DOP”. Solo un olio extra vergine certificato può indicare in etichetta “Olio del Garda “. Ciò significa identificarsi in un territorio provilegiato e operare una distinzione: di extravergini ce ne sono in tutta Italia ma l’olio del Garda è unico. Questa è la carta vincente da giocare. Quanto è importante la presenza e il confronto nei concorsi oleari e nelle manifestazioni di settore come Sol, il Salone Internazionale dell’Olio Extravergine di Qualità, a cui anchequest’anno avete aderito convintamente? Partecipare a manifestazioni fieristiche e a concorsi selezionati consente di presentarsi in un’importante vetrina di promozione e di raggiungere un vasto pubblico, nazionale e internazionale.Senza contare che è un’occasione di confronto con le realtà produttive di tutto il mondo. Nel 2009 lei è stato insignito del premio “Olio Capitale” come “Personaggio dell’anno” per aver saputo dare un forte impulso innovativo agli extra vergini a marchio Dop. Nella motivazione Le si riconosce “il coraggio nell’assumere un ruolo guida in un comparto che è invece rinunciatario e poco coraggioso nelle scelte di campo”. Condivide l’analisi? Per la verità, il premio è giunto inaspettato, una piacevole sorpresa. Ritengo che ilConsorzio Garda DOP che rappresento abbia avuto semplicemente il coraggio di esprimersi liberamente, assumendo una posizione ben chiara, dovendo a volte quindi confrontarsi e scontrarsi – ma sempre rispettosamente – con chi imponeva scelte non condivisibili. La passione è frutto di talento e ricerca personale, ma sovente sgorga anche da una storia affettiva e parentale. Quanto ha contato l’azienda agricola di famiglia nel suo sentirsi parte di un territorio da tutelare, a partire dai prodotti simbolo dell’agricoltura di tradizione? La famiglia ha avuto un ruolo fondamentale. Mi ha trasmesso il rispetto per la terra, la passione per l’agricoltura e i suoi valori, insegnandomi che l’uomo può operare per produrre al meglio, ma non tutto è nelle sue mani: buona parte è compito della natura. Conoscere, studiare, innovarsi, appassionarsi a ciò che si coltiva e si produce, aprirsi ad altre realtà agricole, mettendosi sempre in gioco, confrontandosi con gli altri: ciò permette di capire l’importanza della responsabilità e della custodia della terra che si lavora, così come la necessità della trasmissione dei saperi. Vivere in prima persona le difficoltà e le esigenze di un comparto agricolo, aiuta a cercare soluzioni per costruire, migliorare, prospettare un futuro positivo di crescita per le aziende agricole del nostro territorio. Il Lago di Garda rappresenta un patrimonio inestimabile per le comunità che vi risiedono, per gli ospiti che vi transitano e per le generazioni a venire. L’olio d’oliva sulle tavole imbandite ricorda una storia e una tradizione. E indica la strada della qualità come unica via per uno sviluppo autenticamentesostenibile. Il Consorzio Garda DOP si fa battistrada di questo percorso. Per scelta e per vocazione.

Di: Anna Dolci

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Volta Mantovana (Mn) Meditate gente, meditate https://www.giornaledelgarda.info/volta-mantovana-mn-meditate-gente-meditate/ Fri, 01 Apr 2011 16:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=17264 A Volta Mantovana la IX Mostra Nazionale dei Vini Passiti e da Meditazione dal 29 aprile al 2 maggio 2011

Non è ancora Emilia, ma della terra di Verdi ne ripercorre le morbidezze, del paesaggio come degli umori. Un senso armonico e rilassato del vivere che trova nella buona tavola una delle più condivise espressioni. L’abbraccio dei rilievi morenici, con le mani aperte dei carpini e i sorrisi d’acqua delle risorgive, si scioglie nelle dolcezze dei vini passiti e da meditazione, in un appuntamento che fa la gioia dei palati fini e dei gaudenti di ogni latitudine. Più di 140 le etichette in bella mostra al banco d’assaggio, oltre 50 gli espositori a raccontare la propria passione, una lieta comitiva che ogni primavera si stringe un po’ per fare posto agli ospiti stranieri, i blasonati del Porto, del Sauternes, del Tokaj, persino le maestà di Jerez de La Frontera. La passerella d’onore dell’edizione 2011 è tutta per gli Eiswein, i vini di ghiaccio, che sublimano le asperità climatiche del nord Europa in un pastoso calore, fresco e dolce insieme, che nulla ha da invidiare alle rotondità del Mediterraneo. Figlio della montagna è anche Francesco Moser che quest’anno porta a Volta Mantovana non solo la fama sportiva, ma pure l’anima del vinificatore in quell’angolo di quiete che è il maso trentino di Villa Warth. Osvaldo Murri e Paolo Lauciani sono le voci esperte della rassegna che si prospetta, come sempre, ricca di emozioni sensoriali che rimpallano fra arte e scena, musica e giochi, degustazioni curiose, per poi rotolare sulle mense imbandite con le ricette rigogliose della tradizione mantovana. Palazzo Gonzaga, con i giardini all’italiana, i comignoli altezzosi, le scalinate ad effetto e i cunicoli striscianti dai piani nobili alle scuderie, fa da preziosa quinta a un evento goloso che promette strascichi di pura contentezza. Una manna di questi tempi. Ludovico Gonzaga e Barbara di Brandenburgo ne sarebbero orgogliosi.

Info e prenotazioni: Comune di Volta Mantovana tel. 0376/839431

Di: Anna Dolci

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Si recita a GROPPELLO https://www.giornaledelgarda.info/si-recita-a-groppello-2011/ Mon, 28 Mar 2011 16:15:00 +0000 http://www.giornaledelgarda.info/?p=16848 Si ha un bel dire a parlare di autoctoni. Con le gambe ben piazzate sotto la tavola imbandita, chi non si è mai imbattuto nel saputello dal bicchiere a mezz’aria che si spertica in lodi per il vitigno di territorio, le vin de pays, il sunto liquido di un distretto agricolo?

Lasciate i luoghi comuni a far compagnia alle briciole e scendete in cantina. Oltrepassate le lustre bottaie e le grotte d’invecchiamento e spingetevi là dove il mosto sporca le mani come sangue, dove il vino non è fragranza e bouquet ma cimento e sudore. Chiedete agli uomini curvi sulle vasche che significa cavar fuori una bottiglia vendibile da un’uva di carattere – e chi lo nega? – ma ruvida e puntuta come un porcospino? E quando anche la fascetta è piazzata e il nostro vino di territorio è pronto a scendere in campo, si trova a competere in un torneo dopato, con bottiglie fotocopia dal gusto omologato e un po’ ruffiano ma dal nome altisonante, leggi cabernet e merlot. Magari camuffato in varie denominazioni, come l’inesauribile sangiovese. Ma se la gara è tutta in salita, il match point è ancora lontano. Nel frattempo, l’enologia regionale ha messo a segno qualche punto inatteso. Tra le firme più o meno note del giornalismo enogastronomico – evangelisti per i saputelli di cui sopra – spira da qualche tempo una brezza favorevole ai vitigni d’antico corso. Vento in poppa per il Groppello gardesano, le cui tracce bibliografiche – senza scomodare a sproposito greci ed etruschi – debuttano in pieno Rinascimento, guadano il Romanticismo e s’irrobustiscono in Belle Epoque, per approdare alla contemporaneità con i due biotipi, Gentile e Mocasina, che in letteratura si accompagnano a un terzo, l’ormai disperso Santo Stefano. Ma se la vicenda produttiva parla di uvaggi disinvolti e quantomai variegati, da qualche decennio il Groppello si è guadagnato un ruolo dominante nella vinificazione di quella parte di lago che va sotto il nome di Valtènesi, procurandosi nel 1990 l’appellazione ufficiale con l’inserimento nella DOC Riviera del Garda Bresciano. Una storia antica, quindi, per una produzione di fresca data che verosimilmente necessita oggi più che mai di accurate sperimentazioni sia in vigna che in cantina. A partire dalla definizione di quel terroir che tanto invidiamo ai cugini d’Oltralpe. Il riposizionamento strategico del Groppello passa sotto l’accento del “Progetto Valtènesi”? E la prossima DOC Valtènesi è l’amo idoneo alla pesca di nuovi mercati o un galleggiante per sopravvivere a pelo d’acqua? Vale la pena di investire tempo utile alla definizione di scelte univoche e condivise. Partendo da un serio confronto fra i soggetti in causa, produttori e consorzi, enologi e enotecnici, enti e municipalità, organizzati a parlamento – un esempio fra tutti, il convegno “Il Groppello fra tradizione e modernità” dell’aprile 2009 – andando oltre il piacevole happening fra volti più o meno noti del pianeta vino. Tra i promotori di eventi promozionali e valorizzativi, la Confraternita del Groppello svolge da più di quarant’anni un ruolo di stimolo nella produzione e commercializzazione del vitigno autoctono della Valtènesi, protagonista di un’evoluzione ricca di prospettive. “Lo scopo di questa libera associazione – dice Alberto Pancera – è l’esaltazione del buon vivere civile e della buona educazione, la divulgazione del vino Groppello e di tutti i prodotti della zona, la valorizzazione delle bellezze naturali e culturali, la diffusione dell’enogastronomia locale”. Ho letto recentemente su di un sito dedicato al tema enoico che “il vino è uno dei pochi ambienti al mondo dove ancora si può andare avanti con i buoni sentimenti e con l’improvvisazione”. Sulla sponda bresciana del Benaco l’asticella pare essersi attestata su livelli produttivi incardinati tra una seria competenza professionale e un sano dibattito critico. Facciamo un grop, un nodo al fazzoletto, ben serrato, come il grappolo del nostro Groppello. E ricordiamoci che dall’espansione dell’economia vitivinicola, in un sistema virtuoso di agricoltura sostenibile, dipende buona parte della tutela ambientale del microcosmo lacustre. A tutto vantaggio della qualità della vita dei suoi abitanti e degli estimatori di passaggio.

Di: Anna Dolci

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