Abracadabra a cura di Lucrezia Calabrò Visconti

| 22 giugno 2018
Lucrezia vogue 2018-06-20

Dal 7 giugno 2018 Mosca parla anche italiano e porta un po’ del Garda nella capitale sovietica. La gardesana Lucrezia Calabrò Visconti sara’ la curatrice della Biennale Arte Giovani: 6. MOSCOW INTERNATIONAL BIENNALE FOR YOUNG ART

Over the past few decades, it has often been said that we no longer have an addressee for our political demands.

But that’s not true. We have each other. What we can no longer get from the state, the party, the union, the boss, we ask for from one another. And we provide.

— Brian Kuan Wood — Is it love?

I heat up, I can’t cool down

You got me spinning

‘Round and ‘round

‘Round and ‘round and ‘round it goes

Where it stops nobody knows

— Steve Miller Band — Abracadabra

È stato teorizzato che l’attuale “economia della presenza” ha reso fluidi i confini tra la sfera professionale, privata e sociale dell’attività umana. Gli apparati istituzionali fanno affidamento sulla nostra incessante pressione per la performatività, dove il lavoro immateriale, l’impegno personale e la ricerca del piacere sono appena distinguibili e in costante attività. In questa distopica economia basata sul piacere, gli arbitri convenzionali del valore si convertono facilmente in alternative immateriali come le emozioni e le esperienze. L’amore e l’autenticità sono le valute del nostro tempo, scambiate alternativamente attraverso inquieti post online, lavoro riproduttivo e le buone vibrazioni prodotte dalle sedute di meditazione promosse dalle aziende. Questo scenario comportamentale, in cui diventa poco chiaro se stiamo agendo per nostra volontà o meno, rende la pratica dello sciopero come assenza fisica una strategia di rifiuto che non funziona più. Come possiamo ritirarci dal crono-imperialismo, dall’insonnia dell’auto-prestazione continua e rivendicare ancora il diritto di abitare il nostro tempo? Che tipo di azione autonoma possiamo svolgere per resistere all’esaurimento olistico?

‘Abracadabra’ è una parola magica arcaica, dalle origini opache, e il titolo di un omonimo disco degli anni ’80 della Steve Miller Band. È una parola performativa, che suggerisce la produzione pericolosa di energia in eccesso imprevista come strategia per navigare nelle sabbie mobili sella sub-politica. In una società elettricamente carica, attraversata da intensità apparentemente involontarie e forze elusive, Abracadabra traccia una linea attraverso forme contemporanee di suggestione e disincanto, il crescente interesse della cultura contemporanea nelle pratiche esoteriche, clandestine e l’ecologia della “notte fuori” come esuberanti protocolli di fuga. Abracadabra studierà la forza immaginaria e trasformativa di queste narrazioni minori, a volte nascoste, proponendo la sottocultura storicamente carica della pista da ballo come uno scenario in cui si può provare ad abitare tempi diversi, si possono inventare proxy animati e si possono costruire le condizioni per ospitare esperimenti incarnati di esuberanza. Le nozioni di segretezza, generosità, metabolismo, postura, attenzione e intimità acquistano significato operativo nel tentativo di trasformare i protocolli di consumo in attività specifiche. Abracadabra privilegia pratiche basate sul tempo, immagini in movimento e ricerche interdisciplinari perseguite individualmente o collettivamente. 

Il programma educativo di Abracadabra prenderà in prestito la forma della Scuola della fine del Tempo, una piattaforma quasi educativa e performativa che mira ad esplorare nuovi modi di abitare la conoscenza attraverso un approccio non gerarchico tra apprendimento teorico e ricerca artistica.

http://youngart.ru/en/main-project-en/

Programma educativo della biennale:

“La fine del tempo” è il momento gioioso in cui vari ambiti e categorie del sapere e dell’esistenza collassano uno nell’altro, producendo un territorio straniero, in cui la relazione gerarchica tra i modi di conoscere può essere ripensata e articolata attraverso la rivalutazione del mistero come modalità conoscitiva.

La Scuola della Fine del Tempo è una piattaforma quasi-educativa che mira ad esplorare nuovi modi di abitare la conoscenza, partendo dalla possibilità insita nelle radici greche dello stesso termine di “scuola” – scholé = riposo, far scorrere-colare il tempo, occuparsi in un tempo libero da doveri e compiti. Prendendo ispirazione da tecniche e approcci legati alle pratiche somatiche, scienze liminari, letterature minori, scrittura automatica e saperi dimenticati, le pratiche proposte dalla Scuola della Fine del Tempo sono informate dalla performance e sperimentano l’attivazione di forme di attenzione e postura che superano la dicotomia tra attività e passività.

In questo set temporaneo, gli strumenti e i ruoli sviluppati attraverso la drammaturgia e il teatro situano la conoscenza in un atto specifico ed esuberante, secondo un approccio non gerarchico tra apprendimento teorico e ricerca artistica. Per questa ragione, il processo artistico ha il ruolo centrale di delineare un campo di articolazione di pratica e teoria in cui la conoscenza possa produrre e incarnare la propria estetica.

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