A proposito di…REFERENDUM a cura del Dott. Esterino Caleffi

| 27 settembre 2016
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La Costituzione, e così la sua riforma, devono considerarsi patrimonio di tutto il Popolo sovrano e per questo il più possibile condiviso; non si tratta infatti di una legge ordinaria, che persegue obiettivi politici contingenti, ma essa esprime i principi fondamentali sui quali deve fondarsi la convivenza civile.
Le modifiche al testo originario della Costituzione sono state molte (almeno una quindicina), e tra di esse quella di maggiore rilievo risale all’anno 2001 ed ha riguardato il titolo V, relativo a: Regioni, Province e Comuni, approvata in Parlamento con una ristretta maggioranza e successivamente riconfermata con referendum popolare. 

La riforma costituzionale approvata di recente dal Parlamento, pure con ristretta maggioranza, sarà sottoposta a referendum popolare per essere approvata in via definitiva o respinta. A questo proposito va segnalato che il referendum su materia costituzionale non è soggetto a quorum, pertanto, qualunque sarà il numero dei votanti ne risulterà assicurata la validità. La riforma costituzionale ora all’esame è di notevole ampiezza, poiché riguarda tutta la parte seconda della Costituzione, che tratta dell’Ordinamento della Repubblica, fatta eccezione per il titolo IV “La Magistratura” i cui articoli restano invariati. In questa sede diremo solo di alcuni punti essenziali.
Si parte dal Titolo I, della parte seconda, che riguarda il Parlamento e precisamente “Le Camere”, che rimangono due: Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, con diversa tipologia di elezione e composizione numerica. Infatti, mentre per la Camera dei Deputati rimane invariato il sistema di elezione (diretta da parte del corpo elettorale) e la composizione numerica (630 Deputati), per il Senato della Repubblica, la riforma prevede che sia “composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali (eletti dai Consigli Regionali e dai Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano) e da 5 senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica” Quindi elezione indiretta e composizione numerica che scende dagli attuali 315 a 100.
Sempre per quanto riguarda la composizione del Senato, la riforma prevede che “il Presidente della Repubblica può nominare senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati”. Interessante la norma secondo la quale “i membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute dell’assemblea ed ai lavori delle Commissioni”, ma si tratta più che altro di un dovere morale, perché in caso di inadempimento non è prevista sanzione, a meno ché non vi provvedano i regolamenti di ciascuna Camera. Rimane, invece, l’esercizio delle funzioni parlamentari “senza vincolo di mandato”.
I membri della Camera dei Deputati ricevono, secondo la riforma, una indennità stabilita dalla legge. Non, invece,  i Senatori, in quanto usufruiranno delle indennità di appartenenti ai Consigli regionali o come Sindaci. Tutti i Parlamentari (Deputati e Senatori) continueranno invece a godere  delle prerogative immunitarie stabilite dal testo costituzionale vigente, che non ha, infatti, subito modificazioni (articolo 68).
L’attuale articolo 70, che attiene alla formazione delle leggi, passa dal testo vigente, formato da una sola riga al testo riformato che consta di ben 49 righe, ed è quello che fa maggiormente discutere i fautori del “si” e del “no” al referendum. Il testo riformato appare, in effetti, complesso e prolisso e potrebbe dare origine a diversi problemi nella sua pratica applicazione; del resto la prima parte di detto articolo comprende un lungo elenco di materie sulle quali la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere e, comunque, la stessa procedura di approvazione delle altre leggi appare, a dire poco, complicata e tale da non snellire l’iter parlamentare.
Mentre, il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante proposta da parte di “centocinquantamila elettori”, anziché “cinquantamila”, come prevede attualmente la Costituzione vigente.
E’ di assoluta novità (ed opportuna)la possibilità di sottoporre al preventivo giudizio di legittimità della Corte costituzionale le leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non potrà essere promulgata. Si ha, dunque, la decisione della Corte costituzionale prima dell’entrata in vigore della legge, evitando in tal modo l’elezione di Deputati e Senatori sulla base di norme dichiarate successivamente incostituzionali, così come è avvenuto anche per il Parlamento in carica.
In tema di referendum, è aggiunta alla modalità di approvazione già vigente su richiesta di cinquecentomila elettori, una seconda modalità quando vi sia richiesta avanzata da ottocentomila elettori, in questo caso la proposta soggetta a referendum è approvata in presenza della maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. Invariato il resto, ivi comprese le materie che non possono essere oggetto di referendum.
L’elezione del Presidente della Repubblica avviene da parte del Parlamento, quindi, Camera e Senato, senza più la presenza dei delegati regionali, in quanto il Senato è formato in massima parte da Consiglieri regionali, mentre vengono stabilite, per l’elezione, maggioranze diverse dalle attuali: dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
Nel nuovo testo è previsto lo scioglimento anticipato della sola Camera dei Deputati, non essendo più il Senato di nomina elettiva e così pure la fiducia al Governo è accordata e revocata dalla sola Camera dei Deputati.
E’ abrogato l’articolo 99 della Costituzione che prevedeva tra gli organi ausiliari delle Camere e del Governo il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
Al titolo V sono soppresse le Province, cosicché, nel testo costituzionale riformato, “ La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.
L’autonomia regionale, nel testo riformato, viene meglio definita, nel senso che è soppressa la parte inerente la c.d. “legislazione concorrente”, formata da materie per le quali intervenivano legislativamente Stato e Regioni e che ha dato origine ad un vasto contenzioso dinanzi alla Corte costituzionale per stabilire la competenza a legiferare. Mentre, per quanto riguarda l’autonomia finanziaria di Comuni, Città metropolitane e Regioni, nella riforma si è proceduto a riscrivere l’articolo 119 della Costituzione, in relazione al rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, nonché per l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
E’ posto un limite alle indennità per i componenti degli Organi regionali, nel senso che i relativi emolumenti non possono superare quelli attribuiti ai Sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. Inoltre, è aggiunta all’articolo 122 la disposizione secondo la quale “ La legge della Repubblica stabilisce altresì i principi fondamentali per promuovere l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”.
Queste sono soltanto alcune delle modifiche ed integrazioni portate alla Costituzione vigente dal testo di riforma, composto da venti pagine dattiloscritte e che, per coloro che volessero approfondirlo, per meglio scoprirne le luci e le ombre, si trova pubblicato integralmente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 88 del 15 aprile 2015.

A cura del Dott. Esterino Caleffi

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